Un caro amico, l’altro giorno, l’ha buttata lì. «Pensa che bello - ha detto mentre si chiacchierava dei nostri bimbi - se almeno per un giorno ci dimenticassimo del Covid e della pandemia. Potremmo inventarci la giornata del “No Virus”». E ha proposto una data: il primo giorno di scuola. Poi, di fronte al mio sguardo un po’ stupito, mi ha spiegato che l’idea gli era venuta quest’estate dopo aver letto una fiaba a suo figlio che gli aveva ricordato quella mattina di tanti anni fa in cui fu lui ad essere preso per mano dalle maestre delle elementari. Ricorda ancora le loro voci, la classe che sembrava enorme, il quaderno a quadretti e quello a righe su cui imparò a usare quelle parole che adesso sono diventate un mestiere. Il mio amico, che fa il giornalista, ricorda come fosse ora il proprio stupore. E vorrebbe che fosse questo, che fosse la meraviglia per un mondo nuovo che non si conosce, l’unico sentimento nel cuore di suo figlio quando comincerà. Certo, dimenticarsi del virus, non sarà possibile. E non sarebbe neanche giusto. Ma l’idea di preservare i più piccoli e noi stessi, almeno in quel giorno lì, dai pensieri grami per lasciare spazio allo stupore non è poi così balzana. Dal giorno dopo, poi, potremmo tornare a parlare di vaccini e green pass, di mezzi pubblici e treni che saranno sicuramente sovraffollati, di classi pollaio e carichi di lavoro degli insegnanti. Ma per un attimo il mondo della scuola, che è fatto di maestri, ma anche di genitori, potrebbe tornare a riflettere su ciò che la scuola dovrebbe essere. Soprattutto ora che, prima di imparare a leggere e scrivere, bisogna re-imparare a stare con gli altri. Trasformando la curiosità e la fantasia in un piccone per abbattere i muri della noia e dell’isolamento. Usando i numeri, i mappamondi e le poesie per arricchire il presente e immaginare un futuro. Anche se le figure umane sui disegni indosseranno la mascherina. stefano.tamagnone@cronacaqui.it
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