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Oggi il voto è un dovere

E io mi gioco la bambina, diceva Walter Matthau nel suo celebre film del 1980. Parafrasando, noi tutti da stamane e fino alle 15 di lunedì, ci giochiamo il futuro della nostra Torino. Questa antica e nobile signora che vive ormai da decenni un lento declino. E non solo industriale. Inutile aggiungere, credo, che i prossimi cinque anni saranno decisivi per riportare la città a quel ruolo che le spetta per la storia, la cultura e l’industria ne hanno fatto una delle capitali d’Italia. I presupposti ci sono ma servono idee nuove, progetti veri, capacità di fare squadra e di prendere decisioni. Ci saranno anche i soldi, se è vero che nella pioggia di miliardi dell’Europa ci sarà moneta anche per noi. Dunque, prima di parlare della disfida tra due cavalieri, uno civico sostenuto dal centro destra e uno squisitamente politico nato e cresciuto sotto le insegne del Pd e la filosofia della sinistra, dobbiamo onorare l’appuntamento con il voto. Bisogna esserci. Non vale più la regola del mugugno da parte di chi si sfila di fronte alle responsabilità e poi alza la voce per lamentarsi. La prima vittoria sarebbe quella di poter scrivere che la città, in tutte le sue componenti, ha raccolto questa sfida ed ha espresso la propria volontà. Perché il vero nemico è l’assenteismo, con tutte le motivazioni che si possono inventare: dalla sfiducia verso la politica, al Covid in agguato. Non c’è neppure quella scusa becera del week end al mare o in montagna che si poteva accampare solo cinque anni fa, quando il 5 giugno 2016, soleggiato e già caldo, i torinesi vennero chiamati a votare pro o contro Fassino. E si sfilarono alla grande dall’appuntamento con l’urna. Come è andata a finire lo sappiamo: ha vinto Chiara Appendino portando i 5 Stelle in Sala rossa con i voti delle periferie, lasciandoci una città che ha perso anche il treno delle olimpiadi, preferendo i monopattini alla discesa libera. Il buonsenso e i sondaggi ci dicono che quella scelta è stata bocciata dai torinesi spingendo la sindaca al fondo della classifica in Italia, e trasformando la corsa che si apre questa mattina in una sfida a due, con l’esclusione di quei grillini che ora aspettano solo di poter giocare un ruolo in caso di ballottaggio. Dunque la vera corsa è tra l’imprenditore Paolo Damilano con la sua “Torino Bellissima”, sostenuto dal centrodestra che cerca un’affermazione che sarebbe storica e l’ingegnere Stefano Lo Russo, consigliere uscente del Pd determinato a riconquistare il fortino di Asterix perso da Fassino. Un occhio alle stime dei politologi ci dice che Damilano parte leggermente in vantaggio sull’avversario, il quale, paradossalmente ora tifa 5 Stelle dove averli bastonati per cinque anni dai banchi dell’opposizione, con l’occhio rivolto al 17 e 18 ottobre quando la politica andrà ai rigori. Una sfida tra il nuovo che immagina una Torino lanciata verso un turismo internazionale, ma capace di mantenere l’impresa, e la vecchia vocazione della sinistra che a Torino ha fatto sistema. Con più di una variabile: quella degli indecisi cronici che poi non votano o sprecano la scheda nel seggio e i partitini che potrebbero assorbire le preferenze di chi ora lotta contro il green pass. Serve, e chiudo, buonsenso e voglia di esserci davvero, magari con qualche idea da suggerire a chi sarà chiamato a governare la città. Per farlo, bisogna votare!

beppe.fossati@cronacaqui.it
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