La promessa bipartisan di dare un nuovo Presidente agli italiani nella giornata di ieri è fallita miseramente. Peggio si è dissolta tra le mille parole al vento pronunciate da questa politica che, per galleggiare, chiacchiera e non mantiene. Come se il Paese reale esistesse solo per ubbidire a decreti e decretini sfornati settimana dopo settimana con la copertura dello stato di emergenza. Neppure l’elezione della massima carica dello Stato ha fatto ritrovare quantomeno il buonsenso di cui parlavamo ieri. Eppure siamo in un momento critico dove la pandemia continua a mietere vittime, sale in maniera esponenziale il costo della vita e l’Italia potrebbe trovarsi di fronte ad una crisi mai vista prima per le terribili tensioni tra Russia e Ucraina.
Tornando alle promesse mancate la giornata di ieri ha mandato in scena il peggio di quanto siano capaci i partiti, tra faide, tradimenti e giochi di potere. Tanto da affossare persino la candidatura di Elisabetta Casellati, a caso seconda carica istituzionale dello Stato, inchiodando a terra il suo volo verso la presidenza da un centrodestra mai così diviso ove i franchi tiratori hanno sbeffeggiato il Kingmaker Salvini che sbandierava un’unità ferrea degli alleati. Proprio come capitò a Romano Prodi nel 2013 sconfitto da 101 cecchini della sua stessa parte.
Quei 382 voti alla Casellati impongono almeno tre riflessioni: 1) il centrodestra non solo non è autosufficiente a nominare il presidente, ma ora è più disunito che mai; 2) chi immaginava il soccorso rosso di Matteo Renzi, si è trovato di fronte un gioco di sponda di Italia Viva che ha ritrovato un’amicizia interessata con il Pd di Letta; 3) Matteo Salvini ha fallito nella sua regia solitaria e ora dopo le rose di nomi si ritrova tra le mani solo delle spine. Con il rischio, per ora evitato che eletta la Casellati si fosse, fin da subito, alle prese con una crisi di governo che avrebbe portato alle elezioni.
Tra la prima e la seconda chiama della giornata i cronisti parlamentari hanno registrato il tentativo estremo di un esame di riparazione. Colloqui, telefonate, raffiche di sms, compreso un incontro tra Salvini e Draghi con l’intento - pare - di convincere il premier a chiedere a Mattarella la disponibilità a tornare, magari a tempo per garantire la vita del governo fino al 2023. In aula, dalle 17 la sesta chiama non reca alcuna novità: il centrodestra sfila di fronte al presidente Fico e ad una raggelata Casellati senza ritirare la scheda, il centro sinistra invece è costretto a fare la conta tra i suoi per conteggiare il tempo in cui ogni elettore trascorre in cabina: l’ordine era di consegnare la scheda bianca, ma qualcuno (anzi numerosi) si attardano.
Dunque, un’altra fumata nera mentre la rosa dei papabili continua a restringersi con timidi accenni a Pierferdinando Casini (che resta inviso a destra), il premier Draghi e lo stesso Mattarella. Poi, all’ora di cena, Salvini dichiara: «Sto lavorando affinché si possa avere come presidente una donna in gamba». Tra i nomi che circolano ci sono quelli del ministro Marta Cartabia, dell’ex titolare della Giustizia Paola Severino e di Elisabetta Belloni, la capa degli 007, che secondo i bookmakers è la favorita.
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