Cerca

Solo promesse da marinaio?

negoziati turchia
Se sotto le ceneri non c’è il tizzone ardente di una nuova strategia militare ordita da Putin, questo potrebbe essere un giorno potenzialmente importante in questa tragica vicenda di guerra. E persino un piccolo passo verso la normalità. La Russia ha annunciato un drastico ritiro delle truppe che assediano Kiev per «aumentare la fiducia reciproca e arrivare a un accordo di pace». E ci sarebbe pure la prova provata di questa parziale ritirata dei carri armati che stringevano d’assedio i quartieri a nord ovest della capitale. E non solo da ieri. Anzi una colonna starebbe già rientrando verso i confini della Bielorussia da cui erano partiti all’alba del 24 febbraio quando vi fu la prima vera avvisaglia di guerra. Ma il dubbio resta anche dopo il primo incontro tra le delegazioni russa e ucraina in Turchia ove Abramovic (apparso in buona salute) ha fatto da osservatore. Intanto perché non si è parlato di parziale ritirata, ma di de-escalation su Kiev, escludendo il cessate il fuoco e infine perché dalle parole dei rappresentanti di Mosca è apparso chiaro che il percorso verso la pace è ancora lungo, nonostante il fatto che il governo di Kiev sarebbe disposto ad accettare lo status di neutralità, specificando che non entrerà nella Nato, pur mantenendo valida la candidatura per entrare nell’Unione europea. Ma non solo: il fatto che l’incontro di Istanbul sia stato limitato alla giornata di ieri e non prosegua nei prossimi giorni fa sorgere il ragionevole dubbio che possa trattarsi solo di un escamotage per prendere tempo e riorganizzare i vettovagliamenti per le truppe che hanno invaso l’Ucraina. Questo, almeno, è ciò che temono il presidente Zelensky e il suo cerchio magico di generali e ministri, i quali continuano a richiedere armi e vettovagliamenti all’Occidente, anche dopo il martellante bombardamento della notte scorsa sui depositi di carburante e anche su alcuni centri di raccolta e stoccaggio di viveri per la popolazione. Insomma si paventa un tira e molla che Putin potrebbe aver ordito per poi sferrare un attacco a tenaglia sia dal territorio conquistato, sia dalla Bielorussia. Come dire che almeno fino a un vero cessate il fuoco la guerra continua. Proprio come sta accedendo soprattutto a Mariupol dove il centro resta ancora in mano ucraina e nel Donbass dove i russi continuano a bersagliare le città con missili a lunga gittata soprattutto su obiettivi civili, mentre si intrecciano le voci di rapimenti (undici sindaci sono caduti in mano russa) e di stupri su giovani donne. Uno scenario complesso ove la diplomazia fa solo piccoli passi. Biden e i leader europei tra cui il nostro Premier Draghi hanno avuto ieri un colloquio in video conferenza di oltre un’ora, Macron ha sentito Putin, dopo giorni di corteggiamento, se così si può dire ma non si registrano sostanziali passi avanti, anche sulla richiesta di coinvolgere le potenze occidentali in qualità di garanti nel percorso di pace. In realtà sono in pochi a credere alle parole di Mosca e alla promessa di deescalation dell’invasione. Il segretario di Stato americano Antony Blinken ha detto chiaramente che «si deve capire se la Russia sta prendendo tempo per riorganizzarsi» e il premier britannico Boris Johnson ha spiegato che «un cessate il fuoco non sarà considerato sufficiente per iniziare a ridurre le sanzioni nei confronti della Russia». Un capitolo, questo, ancora tutto da scrivere ove la grande finanza incrocia il fioretto con le strategie militari, muovendosi in uno scenario dove il gas e i cereali restano comunque protagonisti. E non solo per l’Europa.

beppe.fossati@cronacaqui.it
Resta aggiornato, iscriviti alla nostra newsletter

Logo Federazione Italiana Liberi Editori L'associazione aderisce all'Istituto dell'Autodisciplina Pubblicitaria - IAP vincolando tutti i suoi Associati al rispetto del Codice di Autodisciplina della Comunicazione Commerciale e delle decisioni del Giurì e de Comitato di Controllo.