Serve unità tra i Paesi e l’impegno prioritario deve essere quello di lavorare per la pace. Mario Draghi, per la prima volta da premier alla plenaria dell’Unione Europea, ribadisce la posizione sul conflitto russo-ucraino, sulla linea di quanto già espresso la scorsa settimana dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella, intervenendo al Consiglio d’Europa. Con la solita pacatezza che tuttavia ammorbidisce soltanto un poco la sua visione delle cose, Draghi insiste sul sostegno a Zelensky e al suo popolo ma spiega con chiarezza che l’intento vero è quello di arrivare in tempi brevissimi ad un cessate il fuoco. Tuttavia - ammonisce - «in una guerra di aggressione non può esistere alcuna equivalenza tra chi invade e chi resiste» E poi ancora: «Questo conflitto pone l’Unione Europea davanti a una delle più gravi crisi della sua storia. Una crisi che è insieme umanitaria, securitaria, energetica, economica». Una crisi «che avviene mentre i nostri Paesi sono ancora alle prese con le conseguenze della maggiore emergenza sanitaria degli ultimi cento anni». Infine spiega, traendo spunto dal recentissimo passato: «Con il Covid abbiamo approvato il Next Generation Eu, il primo grande progetto di ricostruzione europea, finanziato con il contributo di tutti, per venire incontro alle esigenze di ciascuno. La stessa prontezza e determinazione, lo stesso spirito di solidarietà, ci devono guidare nelle sfide che abbiamo davanti». Questo il preambolo. Poi Draghi detta la linea per una «nuova Europa» dove nessuno da solo può fronteggiare «la più grande crisi dell’Ue». Serve unità, come già successo con la lotta al coronavirus. Unità di intenti sui punti fermi che già sono stati sottolineato in una lettera alla Presidente Ursula von der Leyen: concretezza di fronte alla sfida energetica, con un “tetto” condiviso al prezzo del gas, capacità decisionale su un piano di sicurezza condiviso che consenta all’Unione di essere garante dei propri confini. Parole che di fatto restituiscono all’Italia un ruolo importante nell’ambito dell’Unione, senza scendere in provocazioni inutili nei confronti della Russia. Ma senza passi indietro sia rispetto alle sanzioni, sia nei confronti degli aiuti militari all’Ucraina «un paese democratico che è stato invaso e deve essere difeso». Sul fronte della guerra, intanto, nulla cambia rispetto ai giorni appena trascorsi. Anzi va registrata un’ulteriore prova di forza da parte delle milizie russe contro l’acciaieria di Azovstal, portata avanti con l’appoggio di mezzi corazzati, carri armati, tentativi di sbarco e un gran numero di fanti. Lo ha detto il vice comandante del reggimento Azov, Svyatoslav Palamar, aggiungendo che negli attacchi russi delle scorse ore «sono stati feriti 10 civili e due donne sono rimaste uccise». Colpita da bombardamenti anche Zaporizhzhia, come riferiscono le autorità ucraine. Ma secondo il report dell’intelligence britannica, le forze armate di Mosca «non riescono a dominare l’Ucraina». Ultimo capitolo: il lungo colloquio tra Putin e il presidente francese Macron, nel corso del quale lo zar ha chiesto di «fermare l’invio di armi a Kiev da parte dell’Occidente» proprio mentre i partner europei lavorano al sesto pacchetto di sanzioni. Il copione di questa tragedia si ripete. E si intravvede già l’alba del 70esimo giorno di guerra.
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