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C'era una volta l'usuraio buono

soldi euro

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Cronaca di un lunedì di trent’anni fa. «Come un ragno annidato nella propria ragnatela il vecchio cravattaro riceve al bar. Nella penombra, le spalle alla parete. Se ne sta seduto in quella saletta a cui si accede passando davanti al bancone, da più di vent’anni. Ogni mattina, escluso il sabato. Il tavolino in legno lavorato e le poltroncine in velluto beige sono il suo ufficio. Qui accoglie le sue vittime con un sorriso paterno, ascolta i problemi, le piccole tragedie famigliari, guarda una bolletta del Monte dei Pegni da riscattare, o una fattura ormai scaduta da pagare. Lavora su presentazione e non tratta con sconosciuti. Lavora all’antica con massaie, commercianti, qualche artigiano. Facendo il piccolo cabotaggio è diventato ricco, ma non demorde, neppure a 80 anni compiuti...».

Ritrovo questo pezzo di giornale mentre leggo che adesso sono più di 40mila le vittime dell’usura nella sola provincia di Torino. Un numero spaventoso che forse nasconde vittime che non hanno mai denunciato. Il segno di un tragico combinato disposto tra la domanda, sempre più vasta e drammatica, e l’offerta che certo matura in ambienti criminali. L’artigiano se si può definire così che sedeva sulla poltroncina beige e questa camorria sono la prova dell’evoluzione di un losco traffico di denaro che abbiamo lasciato prosperare negli anni. Grazie alla rigidità delle banche (decide un programma sul pc, non più il fidato direttore di filiale) e alle finanziarie che sono ancor peggio.

Dunque si cade nell’usura e non si esce più dal giro malefico che si crea. Mille euro diventano 5mila, e poi su, mese dopo mese, innescando altri debiti. E così si perde la casa, si sprecano gli affetti. E se sgarri? Minacce, botte e se va proprio male... Ma il “cliente” tace, soffre e non denuncia. Lo provano gli arresti, poche decine. Un quadro tragico che potrebbe peggiorare ancora con l’emergenza che stiamo vivendo. Mi chiedo quante botteghe passeranno di mano e quanti alloggi. Sul vecchio giornale invece finiva bene, almeno per qualcuno. Morendo il cravattaro aveva lasciato il suo patrimonio al barista che era l’unico a fargli compagnia. Senza parlare mai.

beppe.fossati@cronacaqui.it
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