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La clessidra della giustizia

Padalino
La giustizia è una bilancia. Ma può essere anche una clessidra. Perché mentre fa il suo corso, mentre scorrono i granelli di sabbia, la vita di chi siede sul banco degli imputati scivola via, si logora, si annienta. Con l’attesa che diventa di per se stessa una pena, soprattutto per quelli che si dichiarano, e sono, innocenti. «È finita!», dice l’avvocato Massimo Dinoia. «La giustizia ha trionfato». Ma c’è anche tanta amarezza nelle parole del principe del foro milanese nel commentare l’assoluzione del suo assistito.

Perché l’uo mo per cui ha battagliato in punta di diritto è Andrea Padalino, il magistrato accusato dai suoi stessi colleghi di aver fatto parte di una “cricca” nella procura di Torino che, ora si può dire, era fantomatica. Il fatto, aveva detto il giudice di primo grado, “non sussiste”. Tradotto: la cricca immaginata da chi aveva sostenuto l’accusa, semplicemente, non c’era. E allora l’avvocato Massimo Dinoia e Andrea Padalino possono dire che “è finita”. Con il punto esclamativo.

Ma quanto dolore, quanta rabbia. Quante occasioni perse, quantomeno a livello professionale, in tutto questo tempo che nessuno potrà mai restituire. «Dopo cinque lunghissimi angosciosi anni - scrive l’avvocato in una nota - è stata irrevocabilmente posta la parola fine all’autentico calvario processuale che ha dovuto subire» l’ex pm che a Torino si distinse per la lotta allo spaccio, ma anche per le inchieste sugli attacchi dei No Tav che lo condannarono a una vita sotto scorta.

Padalino, che oggi fa il giudice civile a Vercelli, nel 2017, da sostituto candidato ad assumere la guida di una Procura piemontese, finì sotto inchiesta, accusato dai pm che incrociava tutti i giorni nei corridoi al sesto piano del Palagiustizia. Corruzione in atti giudiziari e abuso d’ufficio, i reati ipotizzati a vario titolo per i sette imputati dai magistrati milanesi che per questioni di competenza “ereditarono” l’indagine fatta sotto la Mole e sostennero l’accusa in primo grado.

Con il sospetto di un sistema di favoritismi nella nostra Procura che ora viene smentito in via definitiva da una sentenza. Padalino, a gennaio, era stato assolto dal gup. Ma i pm avevano deciso di tirare dritto, facendo appello. Salvo poi dover ricevere un doppio smacco, quando la Procura generale di Milano, come raramente accade, ha rinunciato a sostenerlo, «prendendo così atto - spiega Massimo Dinoia - della sua totale infondatezza».

La dichiarazione di inammissibilità pronunciata ieri, rende l’assoluzione irrevocabile. «Il fatto non sussiste». La “cricca” in Procura, semplicemente, non c’era. Ma ci sono voluti cinque anni per stabilirlo. «È stato un vero calvario - ragiona l’avvocato - ma quello che conta e che può e deve rappresentare un messaggio di speranza e di fiducia per tutti i cittadini italiani è che, anche dopo tanta sofferenza, la giustizia ha trionfato».

stefano.tamagnone@cronacaqui.it
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