Il condominio è la casa degli italiani, ma è anche uno spaccato della loro bestialità. I peggiori screzi, i dispetti più orripilanti, gli odi più crudi non si consumano nelle segrete stanze della politica o sul posto di lavoro, ma qui. Nella tromba delle scale o sui ballatoi in cui si incrociano esistenze costrette loro malgrado alla convivenza. Con la scrollata di briciole dalla tovaglia o il tipico lancio del mozzicone che diventano movente per reazioni incontrollate dalle conseguenze imprevedibili. Tutto, nel condominio, dai parcheggi all’immondizia, dal colore della tinta alle lampadine, è materia di conflitto. Con tensioni che covano, come braci sotto le ceneri, fino all’assemblea. Che se va bene è un surreale conclave di personaggi tipici (dai lagnosi ai morosi, dai sospettosi per cui l’amministratore è per sua stessa definizione un mariuolo, ai minacciosi e i super pignoli onniscenti), e se va male diventa un’arena per azzannarsi a vicenda. Non soltanto metaforicamente. Come dire, traslando un vecchio proverbio che piaceva tanto al filosofo Thomas Hobbes: homo condomini lupus. Come dimostrano le cronache quotidiane. Anche torinesi. Il 12 luglio 2001, in un locale della parrocchia di Santa Brigida di via Pianezza è in corso l’assemblea di condominio dello stabile di via Borgomasino 63. L’amministratrice Cesina Tarulli e il figlio Guido Tarizzo, avvocato civilista, stanno discutendo con altri inquilini quando, all’improvviso, Concetto Panvino, 69 anni, estrae una Smith comprata per un milione di lire a Porta Palazzo e spara un colpo di pistola al fianco di Tarizzo. L’avvocato muore 24 ore dopo, alle Molinette, Panvino viene arrestato. Nel corso del processo ammette di aver studiato l’omicidio molti mesi prima, convinto di essere stato ingannato dalla Tarulli e dal figlio. Il 12 febbraio 2006, in un condominio in strada della Verna scoppia una lite per un parcheggio. Gli animi si scaldano, più persone vengono alle mani. Franco Albanese viene ferito con un coltello, estrae una pistola e fa fuoco. A terra rimane Carmine Rimauro. I soccorsi saranno inutili. Questi i fatti più gravi, costati addirittura la vita. Ma sono decine, forse centinaia, le risse e le aggressioni tra vicini di casa raccontate su queste pagine. Dalla furibonda lite tra due anziani per le briciole sul balcone dal piano di sopra il 25 luglio 2007 a Perosa che finisce quando uno afferra una roncola con cui taglia di netto tre quarti di orecchio all’altro. Al brasiliano che a novembre 2008 viene accoltellato al petto da un marocchino in via Reggio «perché faceva rumore» turbando il sonno a un bambino. Già, i rumori. Con le briciole, a quanto pare, sono tra le cause più frequenti di litigiosità. Seguiti immediatamente dal mancato pagamento delle spese. Come accade a Chiaverano, nell’autunno del 2020, quando un nigeriano redarguito dal vicino perché a suo dire non aveva saldato delle bollette, reagisce colpendolo ripetutamente con una pietra. E poi c’è il capitolo animali domestici. Dalle case delle gattare da cui provengono odori talvolta poco piacevoli, ai galli che in campagna suonano la sveglia. Ai cani che abbaiano. E sporcano in cortile. Ci sarebbe un cane, ad esempio, dietro la discussione nata in un giorno d’estate del 2015 in un condominio dell’Atc di Barriera. Con due condomini che si affrontano, uno che estrae un taglierino e squarcia il capo all’altro. Come per fargli lo scalpo. E poi ci sono le persecuzioni, che sfociano in veri e propri casi di stalking condominiale. Con accuse incrociate di razzismo, e vendette atroci. Come i topi morti sotto lo zerbino e gli escrementi sullo stendino che a una donna di Chieri sono valsi una condanna definitiva a due anni e due mesi di reclusione. La vicina, intanto, ha preferito cambiare aria, traslocando altrove.
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