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IL BORGHESE
07 Giugno 2023 - 06:30
«Per prevedere il futuro di una città, che non ci viene incontro, ma va conquistato, ci vuole un pensiero e la forza delle idee». Lo diceva in una lettera all’allora sindaco Piero Fassino, l’architetto Augusto Cagnardi che con Vittorio Gregotti realizzò il piano regolatore di Torino.
L’ultimo, quello di 32 anni fa. Il segno, se volessimo far nostre queste parole, che dal progetto generale sul territorio dipende il futuro delle prossime generazioni, attraverso la visione di una città che “ci viene incontro” anno dopo anno e che deve essere innovativa, ma anche visionaria. Dunque siamo di fronte ad uno sforzo immane e non solo per le trasformazioni che inevitabilmente ci saranno, per le grandi manutenzioni, per la nuova Metro, per la doverosa importanza da garantire alle periferie, ma anche per l’ambiente, il suolo, l’inquinamento. E per le occasioni di lavoro.
Gregotti e Cagnardi, tre decenni fa, hanno contribuito a liberare Torino dalla rappresentazione mono culturale della città-fabbrica, ma questa è storia passata. Vissuta tra l’altro con troppe “varianti” al progetto originale. Ora l’esigenza è quella di costruire un grande puzzle, allargando a tutta la città l’offerta turistica, quella residenziale per lo studentato, mettendo insieme l’aerospazio con l’auto elettrica, la nuova rete ospedaliera con quella dei trasporti.
Si diceva in passato che “è troppo semplice ascoltare solo i desideri dei cittadini e poi metterli su carta”, oggi invece questa potrebbe essere la formula vincente e non solo per raccogliere storie di protesta e di disagio, ma anche idee di sviluppo utili alle persone e soprattutto ai bambini che rappresentano il futuro.
Cominciando magari con il coinvolgimento di tutti gli attori chiamati sul palcoscenico del piano regolatore: dal Politecnico alla società civile, dagli addetti al lavoro ai grandi investitori. Sul tavolo c’è una montagna d’oro (600 milioni di fondi Pnrr oltre a 148 milioni per la Metro 2) per realizzare il sogno futuro.
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