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IL BORGHESE
22 Giugno 2023 - 06:30
Ezio Cauda
Ci sono fatti di cronaca che diventano spartiacque. Inchieste che segnano il confine tra un prima e un dopo, a prescindere dall’esito che avranno nei processi. Il caso scuola è la strage del cinema Statuto: 64 morti, una mattanza di vittime innocenti che insegnò a pensare alla sicurezza dei locali pubblici, imponendo regole nuove per tutti i luoghi in cui vi fossero assembramenti di persone.
E poi piazza San Carlo: centinaia di persone in ospedale e due donne morte. Una ferita ancora aperta che ha cambiato per sempre l’approccio alla sicurezza per tutti gli eventi che si svolgono nelle piazze. Come San Giovanni. Se sabato sera, ci sarà il numero chiuso per chi vorrà assistere allo spettacolo dei fuochi della festa patronale, è perché c’è stata piazza San Carlo. Con le sue indagini - e i suoi indagati eccellenti -, che hanno inciso, ancor prima che intervenissero nuove leggi e regolamenti, sulle decisioni di altri amministratori e responsabili vari chiamati a organizzare altri eventi pubblici.
Non tanto (o non soltanto) per quelle frasi di circostanza a cui siamo abituati («questi fatti non dovranno mai più succedere»), che vogliono dire niente. Ma per paura. Per il timore di finire pure loro nei guai, chiamati a rispondere di azioni e omissioni davanti a un giudice. Se così vanno le cose, è facile prevedere quale sarà il destino di certe proteste ambientaliste come quelle di chi abita in corso Belgio e si oppone alla sostituzione degli aceri con i peri giapponesi.
Perché molti aceri - afferma il Comune - sono malati. E dunque vanno abbattuti. Perché è meglio tagliare un tronco, che dover adagiare un mazzo di fiori. E in caso di incidente, ad essere chiamati in causa, sarebbero poi gli amministratori o i vertici delle società che devono curare la manutenzione. Così sta andando nell’inchiesta sulla morte di Ezio Cauda, 56 anni. Che è appena stata chiusa, senza che nessuno sia stato ancora rinviato a giudizio, ma pare destinata a diventare un caso-spartiacque.
Cauda, 56 anni, nella notte tra il 6 e il 7 agosto 2022, stava guidando il proprio taxi, chiamato da una donna che doveva andare a Porta Nuova dalla collina torinese. Pioveva a dirotto, quella notte. La vecchia strada del Pino era sferzata da forti raffiche di vento. Un pioppo nero venne giù, travolse l’auto bianca.
La passeggerà uscì illesa, ma per Cauda non ci fu nulla da fare. Secondo la pm Patrizia Gambardella la sua morte poteva essere evitata. Perché l’albero era malato e per questo non resse al vento, schiantandosi sul tettuccio e sul parabrezza del taxi.
Nell’avviso di chiusura delle indagini, notificato nei giorni scorsi, compaiono i nomi di cinque persone: due sono quelli dei proprietari del terreno in cui l’albero era cresciuto, tre di altrettanti funzionari Anas, proprietaria della strada, a cui vengono contestate presunte violazioni in merito alle autorizzazioni legate alla piantumazione degli alberi a bordo strada. Per tutti, l’accusa è di omicidio colposo. Gli avvocati difensori sono convinti di poter dimostrare le ragioni dei loro assistiti. Ma negli uffici dei Comuni l’inchiesta è già diventata un caso scuola. E il prossimo inverno ci sarà parecchia legna da ardere.
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