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Il sindaco nella casa dei pusher

Scusi, qui spacciano?

Non c'è solo lo spaccio: esiste un indotto della droga su cui prosperano anche quelli che affittano in nero o sfruttano i disperati

Scusi, qui spacciano?

Non citofona come Salvini - anche perché, di norma, in quei posti i citofoni sono sempre vandalizzati -, ma di fatto il sindaco si interroga: spacciano qui? Sì, signor sindaco, a Barriera Milano si spaccia - come ripetono spesso i giornali come il nostro, quelli che vanno anche senza la scorta della polizia - così come accade in altre zone della città. E ci sono ghetti a Torino, ci sono realtà complesse, c’è il degrado. E c’è la voglia di vivere, c’è la voglia di rinascere di intere zone della città, quelle che alla politica chiedono interventi che solo per semplicità si tenta di mascherare sotto la parola “sicurezza”.

Quella della droga è una vera e propria industria, di cui gli “ignorants”, i pusher, sono soltanto la manovalanza non specializzata, mentre i capi, le mafie si arricchiscono: quella nigeriana che comanda su una vasta zona al confine tra Aurora e Borgo Vittoria; quelle italiane, che gestiscono la fornitura all’ingrosso degli stupefacenti. Poi, c’è l’indotto dell’industria della droga e della clandestinità, ed è un lungo catalogo: chi affitta in nero, chi subaffitta ai pusher, chi specula sulle situazioni di disperazione, chiedendo pigioni esose per appartamenti dagli allacciamenti abusivi, dalle condizioni igieniche almeno discutibili. E poi c’è di sicuro chi chiude un occhio. Perché certe forme di profittatori non possono prosperare per tanto tempo senza un “aiuto” esterno: non è necessaria la connivenza, è sufficiente l’alzata di spalla, o l’indice puntato verso il bersaglio più immediato, che diventa come indicare la macchina in vendita dal concessionario se il produttore ha sbagliato a disegnare il motore, o se lo stabilimento è costruito con un abuso edilizio.

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