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L'emergenza droga

Torino da pippare

Leggi l'editoriale del direttore Beppe Fossati

Torino da pippare

Il primo sballo si fa a 11 anni. E non è detto che accada con un tiro dallo spinello dell’amico che ha qualche anno in più. Può accadere con l’ecstasy, ma anche con gli psicofarmaci o la cocaina. Se non addirittura con gli oppioidi sintetizzati in laboratorio. C’è da farsi accapponare la pelle di fronte a una emergenza che viene certificata dalla relazione annuale sulle tossicodipendenze presentata al Parlamento nello scorso luglio e che arriva a coinvolgere persino i pediatri che lavorano sul territorio. Un aspetto a tratti drammatico che è tuttavia solo l’ultimo tassello di un mosaico terrificante: quasi un torinese su dieci (precisamente l’8,5% della popolazione) fa uso quotidiano di droghe. Dalla marijuana alla cocaina, passando per le metanfetamine e l’eroina. A svelare gli inimmaginabili segreti di una Torino che non conosciamo affatto ci ha pensato l’acqua. O meglio le analisi condotte sulle acque reflue della città dall’Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri che hanno svelato come dall’alba al tramonto sotto la Mole si consumino 75mila dosi di stupefacenti. Droghe leggere ma anche cocaina ed eroina. Peggio di quanto accade a Milano o a Roma, meglio (ma non consola) di Bologna e Trieste. Un’emergenza che, a dispetto del comune sentire, non riguarda i tossici dichiarati o le notti brave i discoteca, ma indica un malessere diffuso tra la popolazione che non risparmia i giovanissimi, anzi pare trascinarli verso il baratro. E ci fa considerare lo spaccio come un mercato che non si può fermare solo con i controlli e le manette, ma richiede un’azione che inizia dal basso: dalle famiglie che di certo non fanno come le mamme di una volta che controllavano a vista i propri figlioli e dalla scuola dove i cani molecolari servono solo a fare notizia. Perché quando il medico accerta una dipendenza in un bimbo di 11 anni, la battaglia contro la droga se non è perduta, poco ci manca.

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