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IL BORGHESE

Una guerra tra poveri

Leggi il commento del direttore Beppe Fossati

Una guerra tra poveri

Una guerra tra poveri

Mentre scorrono le immagini degli sbarchi a Lampedusa che fanno dell’immigrazione la nostra unica emergenza in un balletto politico spesso stucchevole, in redazione arrivano altre fotografie che raccontano pezzi di umanità sgretolata. Purtroppo la nostra. Quella di chi non riesce più a mettere insieme il pranzo con la cena, che ha perso tutto, anche la casa e vive sulla strada o in qualche cantina attrezzata a dormitorio di fortuna. Con un briciolo di folclore qualcuno li definisce clochard.

Ma la povertà che racconta un cronista che si è finto povero in una mensa parrocchiale testimonia che si è andati molto al di là dei senza tetto. Chi ha fame ha avuto quasi sempre una vita normale, un lavoro, una famiglia, persino dei risparmi.

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Poi è stato travolto da una lettera di licenziamento, da una malattia, da un dissesto. E ha perso tutto, fino a doversi mettere in fila per un sacchetto di cibo. Un pasto caldo a Torino non si nega a nessuno ma i numeri di chi tende una mano per chiedere aiuto continuano ad aumentare e anche le mense devono fare i conti con le loro risorse e le donazioni. Tanto che oggi per avere diritto ad un piatto sono richiesti un colloquio, una tessera e qualche volta anche una prenotazione. Se no, rischi di restare fuori.

Come dire che la burocrazia è entrata anche qui, per necessità più che per dovere. E viene da chiedersi fino a quanto possa reggere un sistema basato sulla generosità e sul volontariato. Specie adesso che le emergenze si sommano alle emergenze. E i riflettori sono puntati su migliaia di persone che arrivano in Italia sui barconi.

Figure che sbarcano distrutte da traversate che ricordano in peggio lo schiavismo e poi scompaiono in mille rivoli con quelli che la politica chiama “trasferimenti”. Ovunque in Italia, nei paesini e nelle città. Là dove si combatte un’altra guerra. Quella che contrappone la povera gente.

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