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il reportage

Un cronista tra i nuovi poveri: in coda per un pasto

Abbiamo fatto la fila alla chiesa di Sant'Antonio da Padova

Il “factotum” di Sant’Antonio è Roberto. Staziona davanti alla chiesa e indica a tutti dove andare. «E’ la prima volta? Vai qui di fronte e lascia il documento, basta il codice fiscale», bofonchia, col sigaro in bocca. Via Sant’Antonio da Padova, fronte Porta Susa. Qui ogni giorno, al santuario dei frati minori, arrivano oltre 200 persone di ogni età e nazionalità, per chiedere un pasto caldo. Ci mischiamo a loro, fingendoci poveri per una mattina. Berretto in testa, occhiali scuri, t-shirt e scarpe consumate, a fare la fila insieme agli altri indigenti di Torino. Gente che prima aveva un lavoro e oggi non ce l’ha più o se c’è l’ha è precario e si aggiusta come può. «Riparavo i computer, ci so fare sia col software che con l’hardware, ho solo il diploma del liceo scientifico ma sono bravo. Oggi invece faccio il rider», racconta Fabio, in sella alla bicicletta che usa per fare le consegne. Anche lui è in coda per mangiare dai frati.

Ma prima di mangiare, meglio ascoltare il consiglio di Roberto: entrare al centro d’ascolto, dove si viene accolti da Luigi, per la registrazione. «Prima volta? Allora puoi andare, ma se vieni sempre qui mi devi lasciare il documento e ti diamo la tessera». Bisogna infatti sostenere un colloquio, con i volontari della chiesa. Solo dopo, si può fare la fila per il pasto. «Mangi dentro o fuori?», domandano. Meglio fuori. «Allora per te c’è il sacchetto, altrimenti ti davo il vassoio». Intanto arriva una signora, in bici, con quattro cani. «Li ho presi dal canile di Settimo, anche loro hanno fame». E fuori c’è sempre il “factotum” Roberto. Racconta che prima faceva il magazziniere «poi la ditta è fallita, dal 2007 sono a casa». Lo lasciamo, diretti verso le panchine di corso Bolzano. E’ lì che gli “ultimi” che prendono il pasto dai frati vanno a sedersi.

All’apertura, il sacchetto contiene: un piatto di penne con i piselli, un secondo di polenta e salmone, una bottiglietta di acqua naturale, due pagnotte, una pera e un croissaint alla ciliegia. Ce n’è abbastanza, forse persino troppo, e infatti il croissaint lo lasciamo a un signore seduto di fronte. Si chiama Remo, giubbotto col cappuccio in testa e lunga barba bianca. Prende il dono e ringrazia, a bassa voce. Una delle due pagnotte, invece, la regaliamo a due donne magrebine, anche loro sedute sulle panche di corso Bolzano. «Ogni giorno arrivano 200-210 persone, anche papà coi bimbi», raccontano i volontari che distribuiscono i pasti a fianco della chiesa. Molti scelgono Sant’Antonio perché l’accesso è libero. «Al Cottolengo invece bisogna iscriversi prima, per questo in tanti non ci vanno», raccontano i poveri in fila. Poveri che, se condo gli ultimi dati, a Torino sono più di mille.

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