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IL BORGHESE
08 Ottobre 2023 - 06:30
Le molotov, le coltellate e i cadaveri I soliti Muri, aspettando altri morti
Il locale era un cunicolo stretto e buio. Per arrivare al palco dovevi farti largo nel fumo e inseguire le note. Il posto si chiamava Doctor Sax, ci suonava gente come Chet Baker, Enrico Rava, i fratelli Chiara, Fulvio e quel Claudio, che con il suo sax ha accompagnato Paolo Conte in mille tournee. Maestri eterni del jazz. Il Doctor Sax è stato il primo. Poi, dall’altra parte, è arrivato Giancarlo Cara. “Gianca”. E i Murazzi hanno cominciato ad essere ciò che sarebbero diventati.
Uno specchio notturno dell’anima di una città quieta soltanto in superficie. Erano gli Anni ‘80. Torino stava cambiando pelle. E per assistere al mutamento bisognava passare da qui. Dai locali che offrivano ospitalità al meglio e al peggio che si potesse incontrare sotto la Mole. Ai Muri c’erano scrittori e giornalisti, studenti, impiegati e artisti. Pusher, avvocati, magistrati e poliziotti. Ovviamente in borghese.
Perché se anche un pezzo di città faceva finta di non saperlo, qui, c’era la guerra. Si combatteva alla luce della luna, tutte le notti, giù per le scalinate. Come quella che portava al Ksa, il fortino degli Autonomi che sul muro avevano scritto “ nè eroina, nè polizia”. E verso le 2, ogni mattina, uscivano con i “barotti” di legno per fare quel che polizia e carabinieri non facevano, cacciando gli spacciatori a sprangate. A quei tempi era così: italiani contro magrebini, magrebini contro albanesi, buttafuori contro ultras, gestori dei locali contro amministrazione comunale.
Finché c’è scappato il morto. Si chiamava Abdellah Doumi, venne inghiottito dal fiume dopo una rissa, mentre decine di persone gli lanciavano addosso bottiglie, insulti, addirittura un aspirapolvere. Era il 1997. E tutti scoprirono l’anima nera di questo pezzo di città con i suoi coltelli, i colli di bottiglia rotti dai nordafricani quando qualcuno si ribellava al “gioco” dello sgambetto con furto di portafoglio e reagiva. Nuvole di persone che si spostavano lasciando il vuoto attorno alle risse, feriti, ambulanze. Ai Murazzi volarono molotov, lanciarono acidi, a un buttafuori aprirono la testa con una scimitarra. Come se fossero diventati lo sfogatoio di una violenza cruda, incontenibile.
Fino all’omicidio di Abdellah: il primo spartiacque con un prima e un dopo fatto di retate, arresti. Seguiti da una calma che però tutti sapevano essere soltanto apparente. Perché la parte mostruosa dei Muri è sempre stata governata da forze più resistenti di quella creativa, della musica e dell’arte. Pronta a rigenerarsi ogni volta che, dopo il buio, si sono riaccese le luci. Ed è ricominciata l’indifferenza delle istituzioni e delle forze dell’ordine.
E pensare che le luci erano tante. Sfavillanti. Nel pentolone della notte ribollivano idee e nuove sonorità. Subsonica, Africa Unite, Vinicio Capossela e Giovanni Lindo Ferretti sono nati o quantomeno cresciuti professionalmente qui. Ma poi è finito di nuovo tutto. I lampeggianti blu di un blitz della magistratura che ha acceso un faro su presunti affari loschi e furberie ha spento le luci stroboscopiche. I Murazzi sono morti. Li hanno chiusi, sequestrati. Fino all’ultimo, recente, tentativo di risurrezione. Con nuovi locali che hanno preso il posto di quelli storici, nuove luci che hanno tentato di rischiarare il buio in cui era stato avvolto questo anfratto umido di città tra il centro e la Gran Madre. Con una nuova offerta e nuovi protagonisti, giacché i re, e le affascinanti regine, di quelle notti ormai hanno i capelli bianchi. Da quel che raccontano i giovani, dell’energia creativa di trent’anni fa non c’è più traccia.
Si beve, si balla, ci si diverte. Ma la magia dei bei tempi andati pare destinata a rimanere confinata nel cassetto dei ricordi. La parte buia no. Il mostro, a quanto pare, non ha fatto alcuna fatica a rigenerarsi. Incarnandosi in un gruppo di ragazzini che hanno ridotto a un vegetale un giovane studente di medicina, Mauro Glorioso, che ha l’esistenza rovinata da una bici lanciata dalle balaustre. E poi ci sono (di nuovo) le bande di giovani magrebini. Che hanno rispolverato il “gioco” dello sgambetto con scippo del portafoglio o della catenina. Per chi ha reagito, calci e pugni come una volta. Anche alle donne. Che adesso hanno paura. E si chiedono se debba scapparci un altro morto prima di rivedere carabinieri e polizia scendere le scalinate.
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