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IL BORGHESE

Il grido dell’arte
nel salotto buono

Leggi il commento del direttore Beppe Fossati

Il grido dell’arte nel salotto buono

Il grido dell’arte nel salotto buono

La costruzione fatta di cartone prende vita all’improvviso. Siamo in piazza San Carlo, a pochi metri dai tavolini del Caffè Torino. I pochi passanti in questa fredda mattina rallentano il passo. Da una scatola compare a mezzo busto la figura di  un uomo che sembra fissarti in volto con lo sguardo carico di disperazione. Più sotto escono due piedi nudi. E poi appaiono delle mani. Pochi minuti e “il condominio 2002” è ultimato e si staglia sullo sfondo di un negozio chiuso.

Per qualche ora quest’opera d’arte nata dalle mani abili dell’artista Simone Racheli rimarrà a simboleggiare un degrado che non si può più ignorare perché racconta l’esistenza grama di chi vive nell’emarginazione ed ha scelto come riparo le vie e le piazze del centro diventate ormai un dormitorio. Le scatole rappresentano le stanze fittizie costruite negli angoli, al riparo dalla pioggia, le figure di quest’uomo dimezzato, i loro abitanti. Il tutto diventa una fotografia recentissima, trasformata in materia grazie alla resina e alla cartapesta 21 anni fa. Torino Cronaca ne fa a propria volta uno strumento di sensibilizzazione rispetto al contrasto quotidiano tra chi vive nell’emarginazione e il rifiuto, talora comprensibile, del cittadino qualunque di fronte alla violazione delle regole della convivenza civile.

Il problema non è sorto ieri, e lo testimonia anche l’età di quest’opera prestata dal gallerista Gerardo Cacciano, ma nonostante i decenni trascorsi non trova soluzioni, se dalle elemosine pietose dei passanti. Non c’è, a memoria, neppure un’idea di progetto a livello nazionale per sanare l’emergenza e ridare dignità alle nostre strade. La patata bollente è nelle mani dei Comuni, il nostro compreso, che nella triste guerra tra poveri a tratti è costretto a scegliere tra dare un tetto ai migranti oppure ai clochard che, in un recente e non so quanto attinente alla reltà, nel ha contati oltre mille nella sola Torino. Come spesso accade mancano i quattrini, ma temiamo, manchi anche la fantasia nel creare una rete di assistenza vera che sappia combattere con l’ego di chi ha scelto la solitudine e l’abbandono, aiutandolo a costruirsi una nuova vita. E in questo contesto che è nata l’idea di provocare garbatamente la città e le sue istituzioni alla ricerca non solo di soluzioni tampone che si impongono soprattutto ora, con l’inverno alle porte, ma in un disegno più ampio che possa unire l’aiuto a chi è in difficoltà con il decoro di una città che lo merita.    

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