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IL BORGHESE

Più che le marce servono le regole

Leggi il commento del direttore Beppe Fossati

Più che le marce servono le regole

Più che le marce servono le regole

Giulia deve essere l’ultima, gridano alcune giovani alla testa del corteo che ha attraversato Torino. Diecimila in marcia contro la violenza sulle donne, l’Italia che si mobilita, e non solo nelle grandi città. Cortei rumorosi, canti e slogan, ma anche convegni e incontri, mentre le forze dell’ordine snocciolano i numeri delle aggressioni, delle denunce e delle violenze in strada e dentro le mura di casa. La morte di Giulia evidentemente ha fatto da detonatore per le nostre coscienze, ma non basta una giornata per cambiare le cose. Serve qualcosa di più, a cominciare forse da chi dovrebbe garantire la tempestività degli interventi, quando una donna ha il coraggio di denunciare.

Ossia quel “pronto intervento” che un insieme di procedure rende meno veloce, o almeno più farraginoso. Le conferme vengono proprio dal giallo dei soccorsi quando Giulia, ancora viva, era nelle mani del suo assassino. L’allarme di un passante al 112 venne ignorato anche se nel breve, concitato, racconto era chiaro che c’era una donna in pericolo. E il perchè, forse, sta nel fatto che manca una formazione specifica a chi è sul fronte della violenza e  sottoposto ad un fuoco di fila di denunce alle quali dare priorità.

Ma gli esseri indifesi, non solo le donne, devono essere la priorità assoluta, visto quello che raccontano i mattinali delle forze dell’ordine. E poi c’è l’assurdo della nostra burocrazia, compresa quella che pilota i nostri tribunali, come racconta lo scandalo quotidiano di uno stupratore che dribbla il processo per violenza carnale solo per un mancato avviso di un cancelliere. Se vogliamo davvero fermare questo fiume di sangue innocente, partiamo dalle regole. E facciamole rispettare. Le marce, purtroppo, non cambiano le cose.

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