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IL BORGHESE
26 Gennaio 2024 - 06:30
Serve un progetto per rilanciare Torino
Hanno chiuso uno dopo l’altro. Serrande abbassate, luci spente per sempre, storie di vita e di successi cancellate. Un tremendo colpo di spugna sul commercio di qualità, sulle botteghe di quartiere, sui laboratori artigiani. Nomi altisonanti e altri conosciuti solo da chi, nel quartiere, faceva la spesa ogni giorno. E’ il triste canto che accompagna la moria di oltre 2.600 attività commerciali a Torino, specie nelle vie del centro, nell’arco degli ultimi dieci anni.
E’ questo il sintomo di una decrescita della nostra città che non ha saputo correre ai ripari di fronte a questa moria, così come oggi assiste praticamente imbelle alla fuga dei nostri laureati eccellenti verso paesi come l’Olanda, la Svezia, la Svizzera e persino la Francia, in un contesto in cui la grande manifattura (leggi Fiat/Fca) tira i remi in barca e produce cassa integrazione al posto delle automobili che erano il nostro fiore all’occhiello. Ma non fingiamo, oggi, stupore di fronte ai numeri del nostro disagio commerciale che poi si traduce in povertà. Avrebbero dovuto porsi il problema già vent’anni fa le amministrazioni di sinistra che si sono alternate al governo della città, quando Torino stava perdendo 20 punti di Pil semplicemente rispetto a Bologna e ad altre città avanzate (fonte Banca d’Italia, giugno 2023).
Una sorta di funerale della classe media, la stessa che ha trainato lo sviluppo del dopoguerra che oggi chiede soluzioni. E stupisce che dopo la messa cantata del Vescovo che ha chiamato a se sindaco e presidente della Regione, sia calato il silenzio. Ci saremmo aspettati di più: Torino ha bisogno di un piano straordinario di ricostruzione, e la politica deve chiamare al capezzale del malato industriali, Fondazioni bancarie, Università, Politecnico e società civile. Magari cominciando da un grande consiglio comunale aperto?
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