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IL BORGHESE

Violenza in ospedale
servono le manette

Leggi il commento del direttore Beppe Fossati

Violenza in ospedaleservono le manette

Violenza in ospedale servono le manette

Dieci giorni fa una dottoressa è stata pugnalata alla schiena da un rapinatore nel parcheggio dell’ospedale Giovanni Bosco. Poche settimane prima un’infermiera delle Molinette è stata aggredita dalla madre di un tossicodipendente che in preda alla furia le ha devastato l’ambulatorio. Punte di un iceberg di violenza e di minacce. Mediamente, solo a Torino si registra un’aggressione ogni 36 ore. Ivrea non fa eccezione. Litigi e urla sono moneta corrente nei pronto soccorso da parte di chi dovrebbe rispettare un codice di comportamento ormai retaggio del passato. Un incubo a cui si deve mettere fine. L’Asl Città di Torino ha avviato una collaborazione con l’Associazione Nazionale dei Carabinieri in pensione e con i volontari di “Capitano Ultimo” per l’accoglienza al San Giovanni Bosco e al Maria Vittoria.

E c’è la Regione che sta predisponendo una rete di pulsantiere per allertare il 112, mentre altri chiedono aiuto ai vigilantes privati. Basta questo quadretto idilliaco per capire che i palliativi non sono risolutivi e che serve tornare all’antico quando gli ospedali facevano presidiare i pronto soccorso dalla polizia e non certo per motivi organizzativi. Chi sbraitava finiva denunciato, chi alzava le mani finiva in manette. Sono ricordi di un giovane cronista, quando i giornali facevano fare “il giro degli ospedali” per raccogliere notizie. Altra buona abitudine dimenticata. Ma è lì che bisogna tornare. Al presidio costante 24 ore su 24 e alla possibilità dell’arresto in casi particolarmente gravi. perché, parliamoci chiaro, con certa gente il daspo urbano che piace a certa politica, fa soltanto il solletico. Serve la mano ferma e la tecnologia con filtri e telecamere come negli stadi. Persino l’Università sta armando Palazzo Nuovo con telecamere contro le occupazioni. Prendiamo esempio.

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