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IL BORGHESE
02 Ottobre 2024 - 05:50
Dal Re dei falsari fino a oggi Truffa da centinaia di milioni
Falsificare i soldi, soprattutto in Italia, è un’arte. Anzi un’arte antica se è vero che alla base di questo crimine contro lo Stato, c’è anche una vena creativa e incredibili capacità manuali, tanto che nella storia dei falsari c’è spazio anche per una sorta di Leonardo da Vinci, vissuto tra la fine dell’800 e i primi del ‘900. Certo, un artista malfattore, ma pur sempre un artista questo signore napoletano, Paolo Ciulla, vissuto tra la Sicilia e Parigi dove all’inizio della carriera copiava i capolavori del Louvre, prima di raggiungere Buenos Aires. Ed è qui che, lavorando in una tipografia, scoprì la sua vocazione.
Le sue lastre erano capolavori e i dollari americani e i pesos argentini sembravano quasi veri.
Quasi. Perché poi finì in manicomio reo di “mania di grandezza” e, quando la famiglia riuscì a riportarlo in Italia non si diede certo per vinto, alternando ricchezza alla gattabuia. Il bello in questa vicenda è che è stata la penna di un luogotenente della Gdf, Giuseppe Magnante Fratellone a raccontarlo in un libro (Paolo Ciulla, l’artista falsario”, Ed. D’Andrea) dal quale emerge proprio la vena artistica dell’antesignano dei falsari di oggi. Una professione criminale che, pur in questa società digitale, continua a cercare di fregare la gente. E le casse dello Stato in particolare. Specie in Italia, capitale mondiale delle banconote farlocche dove le macchine di stampa si avvicinano molto a quelle di decenni fa, alla faccia delle innovazioni tecnologiche e alle super stampanti digitali.
Truffa antica, metodi antiquati. Ma è proprio quello, il segreto. Il falsario lavora alla lastra che poi servirà a dare vita alla banconota, con strumenti da cesellatore. Copia e corregge, corregge e copia. Poi la macchina da stampa gira e le banconote prendono vita. Certo la perfezione la garantisce la carta che deve essere tale da imitare la filigrana. A volte funziona, a volte no. Ma per capire come il traffico sia ancora poderoso, basta risalire al 7 maggio scorso quando nel quartiere Ponticelli di Napoli i finanzieri hanno scoperto una stamperia clandestina dove c’erano 48 milioni di euro (tutte banconote da 50 euro ) pronti per essere spacciati. Segno che dietro artisti e tipografi ci sono organizzazioni capaci di mettere sul mercato nero dei piccoli tesori.
Chi siano gli eredi di Ciulla, non è dato di sapere e bisognerà aspettare per capire se c’è un nuovo Leonardo in circolazione. Ma tant’è, almeno sappiamo che Napoli è ancora attivissima nel mondo della contraffazione e che le sue “filiali” sono sparse un po’ ovunque. Ovviamente anche in Piemonte, dove sono i Sinti i veri specialisti delle truffe.
Proprio come è accaduto il 20 di settembre a Firenze dove due giovani zingari originari di Moncalieri sono stati arrestati dai finanzieri con 230mila euro divisi in mazzette e nascosti in uno zaino. Il tesoretto doveva servire a comperare Rolex e altri orologi di pregio. E che dire della banda che qualche anno fa venne sorpresa dai carabinieri di Verbania mentre scaricavano da un furgone due bancali di banconote da 20 e 50 euro per un totale di 70 milioni? Si scoprì che il traffico era organizzato da cinque persone, tutte italiane, con la complicità di almeno due tipografie clandestine e che il loro capo, Gianmario Griggi era nel giro da oltre 20 anni presumibilmente con una montagna di soldi falsi alle spalle. Gli investigatori scoprirono che, proprio il Griggi aveva inventato lo spaccio all’ingrosso: vendeva le banconote al prezzo di due o tre euro l’una potendo contare, si presume, su un piccolo esercito di spacciatori ove – ci raccontano – anche le casalinghe hanno un ruolo di primo piano.
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