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Il Borghese
14 Giugno 2025 - 05:50
La guerra vale oro, ma non per tutti. Se i beni rifugio volano, le Borse crollano e il timore più immediato è cosa succede, e succederà, in Europa dopo il contrattacco dell'Iran su Israele.
L’attenzione dei mercati (e non solo) riguarda in questo momento lo stretto di Hormuz, sul Mar Rosso, una delle principali vie di scambio per il greggio (di cui l’Iran è fra le prime dieci potenze globali). L’interruzione di questa rotta, potrebbe rallentare le forniture di petrolio (almeno del 20% del traffico totale), dunque il solo ipotizzare lo scenario fa impennare i prezzi: il riferimento europeo, il Brent, segnala oltre 78 dollari a barile.
Secondo l'elaborazione del Centro studi di Unimpresa, l’aumento dei prezzi di gas e petrolio potrebbe costare oltre 11 miliardi di euro in più alle Pmi italiane, già nel 2025 (considerando un rincaro medio annuo del 20%), di cui 6 legati all’incremento del prezzo del gas, cui aggiungere le ripercussioni sui settori più energivori, dalla logistica all’agroalimentare, fino alla chimica.
Ed ecco spiegato perché è ripartita la corsa all’oro: il prezzo è salito fino al +1,7% a 3.463 dollari l'oncia, sfiorando il massimo di 3.500 dollari di aprile. Da inizio anno, l’aumento è stato del 30%. L’oro rappresenta il bene rifugio d’eccellenza (si è visto anche per l’Ucraina), per i grandi investitori, ma anche per le riserve delle banche centrali. Già il rialzo di aprile era da collegarsi alle tensioni internazionali, in particolare per i dazi americani e la relativa incertezza.
Ma l’oro fa gola anche alla finanza digitale, alle emittenti di stablecoin ancorate proprio all’oro e che, in questo scenario politico, stanno accumulando le loro scorte.
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