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Il Borghese
13 Luglio 2025 - 07:20
Ci sono frasi che restano scolpite nella memoria, nella memoria del cuore per essere precisi. Capita, con i libri, con le canzoni, con le grandi storie. «Guarda lassù, il Corsaro Nero piange».
Sì, è la conclusione del romanzo di Emilio Salgari, “Il Corsaro Nero”. Comincio dalla sua fine per parlarne, adesso che la maturità è quasi archiviata e che per tanti altri studenti è invece cominciata la stagione delle letture obbligate. All’elenco della scuola - e che tanto ignorerete, siamo sinceri - aggiungete questo, ma leggetelo davvero. Perché?
Perché il Corsaro Nero è il prototipo dell’eroe maledetto calato in una narrazione vertiginosa, in una avventura folgorante. Emilio di Roccabruna, signore di Ventimiglia, corsaro per scelta e per desiderio di vendetta: vendetta del tradimento contro la sua famiglia, per la morte del fratello maggiore e poi dei minori, incamminatisi con lui sulla stessa strada. Un uomo che stringe un patto maledetto per adempiere alla sua vendetta. E che, fra il giuramento e l’amore, sceglie male: manda a morire, abbandonata in mare, la donna che ama perché figlia del suo nemico. E poi, lassù sul cassero, piange. E quella frase finale, lapidaria...
Gli eroi (anche maledetti) di solito non piangono, ci è stato insegnato un tempo. Questo perché la lezione dei greci non è stata imparata bene (Achille piange Patroclo, mentre Priamo piange Ettore che Achille ha trucidato per vendicare Patroclo). Piange, dentro di sé, nei fiumi dell’alcol, Athos pensando a Milady. Gli eroi piangono il prezzo delle loro scelte.
Leggetelo, prima che qualche alzata d'ingegno se lo porti via accusando il Corsaro Nero di femminicidio (casomai non avessero letto il seguito, o non avessero letto abbastanza...), o accusi Rhett Butler di aver stuprato Rossella... Teniamoci i classici, almeno, nel conformismo politicamente corretto della letteratura d’oggi.
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