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Il Borghese

Ecco come si vende (bene) Torino

Il nuovo City Branding e i tavoli di confronto fra turismo, economia e Stellantis che non basterà

Ecco come si vende Torino

City branding: cosa significa? In parole povere è l’immagine della città, è come si presenta. Anzi, per dirla tutta: come si vende. Prevengo l’obiezione (comprensibile) su questo dilagare molto da Linkedin dei termini anglofoni, il mutuare - e mi professo colpevole anche io -, i termini tecnici del linguaggio economico o aziendale anche in altri ambiti. Il fatto è che Torino, o qualunque città si dedichi a creare un proprio “brand”, deve rivolgersi all’estero principalmente. E deve ragionare sull’economia.

Il Comune di Torino ha avviato un percorso per l’individuazione di questa immagine, con una serie di incontri e di tavoli con esperti e professionisti di vari ambiti. C’ero anch’io, a uno di questi tavoli ieri, come direttore di TorinoCronaca, ci sono andato volentieri per portare un umile contributo, perché le idee non vengano sempre dai soliti circoletti o creativi.

Quindi, cosa serve a Torino? Lasciamo stare, per un attimo, il turismo, la cultura, l’immagine lucidata dal successo Atp Finals e dalle produzioni cinematografiche ospitate (anche se servirebbe uno step in più: spesso noi diamo gli sfondi, oltre alle professionalità, ma sullo schermo il Po è la Senna). Torino ha la ricerca, è la seconda città in Italia per numero di startup, che però faticano sempre più ad attrarre finanziamenti. Soffre per la manifattura (da Stellantis in giù, ovvio) e non trova una vocazione alternativa, ma conserva le sue professionalità.

Torino ha anche i suoi capitali, lo sappiamo, troppo spesso lasciati però in depositi bancari e fondi d’investimento riservatissimi. Abbiamo capito che Stellantis non basterà (con tutto l’ottimismo del mondo) a rappresentare ciò che era la sola Fiat in un’epoca diversa in cui la visione programmatica si fermava al confine con Trofarello (la barriera autostradale). Non lo diciamo noi: lo dicono (al momento) i mercati. Possiamo attrarre imprese e investitori, persino manager visionari. Abbiamo un enorme difetto, però, riscontrato negli anni: o affondiamo i possibili progetti per diffidenza e mantenimento di posizioni di comodo; oppure stendiamo tappeti rossi a quelli che si rivelerano “Cavalieri bianchi”. Una via di mezzo no? Dovremmo cominciare da qua.

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