Un mondo che va troppo di corsa, troppo consumista, che non ascolta la natura. Con troppe crisi, dal Covid alla guerra, che non sono altro che i sintomi della gravità della catastrofe planetaria, quella del cambiamento climatico. Sono i temi che lo scrittore indiano Amitav Ghosh affronterà oggi nella sua lezione inaugurale, in Sala Oro all’Oval alle 12.30.
Lei si chiede «I non umani possono parlare?». Cosa significa? «Mi riferisco a tutta una serie di esseri, entità. Non siamo solo noi umani a poter comunicare. Anche gli scienziati ci dicono che gli animali comunicano, gli alberi comunicano all’interno di una foresta. L’aspetto più interessante riguarda le piante e il mondo in cui si comportano. E’ interessante riflettere su qualcosa di cui sappiamo poco».
Per parlare di emergenza climatica in “Jungle Mama”, con al centro una leggenda indiana, lei ha scelto la strada della fiaba. «Oh sì, penso che si possa anche parlare di favola, anche se in realtà è una storia che è molto presente nella vita di questa foresta dell’India. Chi ci vive la conosce, vi fa riferimento, quella che per noi è una favola, per loro è una “scrittura”: dice loro cosa fare, come comportarsi, come interagire con il mondo circostante».
Quindi, noi europei dovremmo ritrovare un contatto con la natura, ascoltarla? «Io non dire che gli europei lo abbiano perso completamente. In Italia, l’approccio più razionalista lo troviamo nelle zone costiere, ma più andiamo verso l’interno, le montagne, le zone dei contadini, più si trovano degli spunti interessanti. Pensiamo al “tarantismo” di De Martino o alla mattanza dei tonni, che è anche un tentativo di comunicare con l’animale».
Lei a chi si rivolge di più, quando parla di ambiente: ai governi, agli scienziati, o ai giovani? «La triste realtà è che se guardiamo a cosa hanno fatto i politici, hanno fallito, basta guardarsi attorno. Gli scienziati hanno provato ad avvertici ma sono un gruppo ristretto, chiuso nella loro bolla e non sono efficaci nella comunicazione. bravi a comunicare. Vedo i giovani come una grande speranza, perché sanno che saranno loro a pagare un prezzo, lo stanno già pagando, per tutto quello che sta accadendo. Sanno che andiamo verso un grande deterioramento. E li vedo impegnati in movimenti come Friday for Future. Sì, li vedo come la nostra unica fonte di speranza».
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