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23 Giugno 2022 - 08:38
“Se ti dico scomparire cosa ti viene in mente?” le chiede. Niki risponde di getto: “Vacanza”. “Accezione negativa?” incalza Anna. “Morire”. “Un figlio neutralizza la sparizione, la scomparsa”, dice Anna seria. Niki la guarda, fa spallucce, “Al massimo ammortizza, rimanda la scomparsa. Ma sai quanti siamo sulla terra?”. Anna ride, prende la borsa. “Shabbat shalom”, le dice.
E’ la magnifica ossessione di «un figlio vascello» quella di Anna, quarantenne single che per lavoro scrive sit-com, «ma non famo gli artisti» le ribadisce Niki, la sua capa. E la sua decisione l’ha presa, come un’urgenza dettata dall’epoca che viviamo: «Dov’è stata per tutto questo tempo? Mentre il ritmo della vita continuava a scorrere, cosa si era messa in testa per credere all’infinitezza, all’eternità? Improvvisamente la furia ha la meglio, la necessità di fare in fretta, seguendo un tempo che ora le fa paura perché sembra non più controllabile. Autonomo, le scappa via». Ma la risposta del test di fertilità è chiara: i suoi ovociti hanno deciso che quella roba, perpetuare l’eternità, è troppo fatica. Allora non resta che la fecondazione assistita. Anna pensa che accetterà lo sperma di un donatore ma non l’ovocita di una sconosciuta, no quello no: quella vita che verrà dovrà avere qualcosa della sua famiglia, a cui è molto legata. L’unica donatrice possibile, allora, è la nipote, Fulvia, figlia di sua sorella Lucia.
Fulvia però ha solo 17 anni, e per inciso si trova dall’altra parte del mondo: studia a Hong Kong, in un mondo che non è quell’oriente che vagheggiava ma una gabbia di cemento e tecnologia che piano piano si chiuderà.
“Per non scomparire” (Scritturapura, 16 euro) è il romanzo di esordio di Chiara Laudani, una vita spesa per lavoro da Cagliari a Roma passando per Torino, dove è stata docente alla Holden, scrittrice e sceneggiatrice di serie come “Il giovane Montalbano”, “Tutta colpa di Freud”, “Gente di mare”. Un romanzo d’esordio che dà anche la cifra dell’eleganza della piccola casa editrice attiva fra Torino e Asti. E colpiscono i ritratti non solo di Anna e Fulvia, bensì di tutte le donne di questo romanzo, tra naufraghe aggrappate a una sigaretta elettronica, madri perse nei ricordi, o immagini di sogliole o carpe koi, in un viaggio che trasforma l’egoismo biologico in dono d’amore.
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