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Quel “pasticciaccio brutto” del tenente Gadda al fronte

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All’inizio era una «guerra santa e giusta», poi con il tempo si arriva a scrivere di italiani «asini, asini, buoi grassi, pezzi da grand hotel, avena, bagni, ma non guerrieri, non pensatori, non costruttori; incapaci di osservazione e d’analisi, ignoranti di cose psicologiche, inabili alla sintesi», quando non imboscati cui invece si augura «che vedano i loro figli scannati a colpi di scure». Sono le parole del sottotenente Carlo Emilio Gadda, della seconda sezione dell’89º reparto mitragliatrici del 5º reggimento alpini, dislocato sul fronte sull'Adamello e sulle alture vicentine, un convinto interventista, studente di ingegneria poco più che ventenne che nel 1915 si arruola volontario. Poi, dopo la disfatta di Caporetto, finisce prigioniero ai piedi del monte Krasji, deportato in Germania. Un apprendistato umano terribile e profondo quello del futuro autore di “Quer pasticciaccio brutto de Via Merulana” o de “La cognizione del dolore”, per limitarsi ai suoi due capolavori più conosciuti. Adesso, a quasi cinquant’anni dalla sua morte, con il ritrovamento di sei taccuini inediti e sconosciuti nella biblioteca di Alessandro Bonsanti, torna quel diario di guerra già pubblicato nel 1955, il “Giornale di guerra e prigionia” (Adelphi, 35 euro) che è già romanzo umano, è storia dilaniante, in una edizione arricchita dalla nota letteraria di Paola Italia, dalla descrizione di quei sei taccuini inediti, a opera di Eleonora Cardinale archivista della Biblioteca Nazionale, che ne evidenzia anche il precario stato di conservazione, tra gore di umidità e attacchi fungini, che ha reso necessario un intervento di restauro.

«Nessuna preoccupazione letteraria e cura nel redigere quanto scrivo qui», ribadisce Gadda anche nel novembre 1918, a proposito di queste pagine, non letterariamente atteggiate come saranno quelle poi di Comisso, Soffici o Stuparich, ma diario in presa diretta di quell’esperienza eccezionale, sua iniziatica cognizione del dolore. Ma sono comunque da considerare la prima vera prova di scrittura di Gadda. «Opera profonda e potente che appartiene a pieno titolo alla grande letteratura di guerra», scrive la curatrice Paola Italia, e che non è «come inizialmente si è ritenuto, una prova generale della sua narrativa (che prende avvio proprio durante la prigionia), ma un’opera in sé, originalissima e autonoma» e anche «eccezionale documento storico».

Il confronto con i compagni di trincea, e di prigionia poi, porta il sottotenente ad attraversare quel ponte tra l’entusiasmo giovanile e la disillusione di una sconfitta spacciata per vittoria, quella del testimone della carneficina, dove per l’essere umano prima che per lo scrittore è fondamentale la verifica della propria umanità sopravvissuta, tra viltà e coraggio, desolazione e rimpianto: «Io mi sento finito: sento di non aver fatto a bastanza per la Patria e per il mio superamento morale, e di non essere più in grado di fare».

GIORNALE DI GUERRA E DI PRIGIONIA Autore: Carlo Emilio Gadda Editore: Adelphi Genere: Memoir Prezzo: 35 euro
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