l'editoriale
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23 Febbraio 2023 - 08:39
La domanda da farsi non è se i giovani scrivono, perché è ovvio che scrivono, scrivono in continuazione, raccontano anche quando fanno una story su Instagram o condividono pensieri o si trovano su quelle piattaforme che sfuggono alla catalogazioni. La domanda vera è se riescono non tanto a trovare spazio, ma a credere a un mondo editoriale che, per parafrasare un giovane e ancora arrabbiato Andrea De Carlo, pubblica solo brave persone anziane o morte - non solo anagraficamente.
Matteo B. Bianchi, non in veste di candidato allo Strega, è il rabdomante scelto da Alessandro Cattelan per la sua neonata casa editrice, alla ricerca di voci giovani, per recuperare l’esempio irripetibile di Pier Vittorio Tondelli e forse anche della “Gioventù cannibale”. “Quasi di nascosto” (Accento, 16 euro), da lui curata assieme alla giovane Eleonora Daniel, è una antologia dichiaratamente under 25: dodici autori giovani, qualcuno alla prima esperienza assoluta, altri già in procinto di decollare verso diversi lidi con opere più ampie. Facile non è stato di sicuro trovarli, Bianchi non lo nasconde: tra riviste e contatti vari, la soluzione privilegiata e inevitabile è stata guardare alle scuole di scrittura, dalla Holden a Belleville alla Scuola del libro - almeno servono a qualcosa -, confidando di trovare lavori che non fossero solo ben confezionati e pettinati. Trovare magari quei tipi che assorbono bene le regole per passare l’esame di maturità, ma nel farlo pensano a come mettere una bomba nella scuola.
Quindi ci sono i bene educati, che ti piazzano la parolaccia letterariamente parlando, e quelli che realizzano la scossa elettrica con una frase sola, come fa il biellese Nicolò Bellon con i suoi “Ragazzacci”, uno dei quali «bello come le oche selvatiche e i naufragi». O come Michelangelo Innocenti, strana figura di devastatore in corpo di diciassettenne che piange con i Pink Floyd e naufraga eroticamente con Pino D’Angiò. Aminata Sow che vive a Londra, collabora con Scomodo e racconta quanto ti si può staccare di dosso una pelle italiana, pur intrappolata nella più comune sindrome dell’impostore per chi non può andare a fare rivendicazioni da un palco, ma deve essere la fotografia decisa da altri. Giovanni Venturi - di Torino, anche lui di Scomodo - sciacqua le chiappe post evacuazione direttamente nella piscina ricca e deserta di un notturno dissacrante. E poi c’è la sessualità, la transizione, l’identità, persino una lingua inventata in una storia di tabù e sacrifici umani per Micol Maraglino, l’incontro con l’anima devastata dalla guerra di Ruben Rossi in una sceneggiatura di mezza primavera, quando l’Ucraina non è più tanto lontana ma ti chiede una sigaretta nuda. E poi Riccardo Casella, Emma Cori, Isabella De Silvestro, Teresa Fraioli, Martino Giordano, Michela Panichi: c’è chi fa il compitino e chi va oltre. A tutti si augura di trovare un modello o rompere una finestra. Ridendo.
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