l'editoriale
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02 Marzo 2023 - 08:58
In quel cavaliere nero e mascherato che fa irruzione in chiesa, in sella al suo cavallo, sfondando le porte, e urlando «questo matrimonio non s’ha da fare» c’è tutta la gloria della rivincita di chi soffriva sulle pagine dei Promessi Sposi immaginando come sarebbe stato se, sciacquando i panni nella Loira anziché in Arno, quel buonuomo del Manzoni non ne avesse fatto davvero un romanzo di cappa e spada, con meno provvidenza e più archibugio.
Anno di grazia 1627, Attilio Arrigoni non è quella «anima frivola» del Barberi Squarotti, ma un eroe: capitano di ventura e non ancora conte - giacché da figlio cadetto ha preso armi e bagagli per andare in cerca di gloria -, un po’ moschettiere e un po’ corsaro, combatte nelle Fiandre con il medesimo onore che riserva al godimento di sidro e belle locandiere. Ma una lettera lo chiama a Milano: Lucrezia, la giovinetta che gli ha giurato che l’avrebbe sposato, l’unico essere femminile che può amare, sta per diventare monaca, costretta dal fratello conte. Il tempo stringe. Arrigoni, scortato dapprima dal suo fedele amico e secondo Massimiliano Bonati, attraversa l’Europa tra duelli, imboscate, contrabbandieri e atti di giustizia, mentre Lucrezia è sempre più vicina - sventurata - a rispondere sì.
Con “Il Conte Attilio” (Giunti, 16,90 euro) che inaugura la collana H come Historia, Claudio Paglieri, penna di sottile umorismo e autore di grandi noir - uno dei pochi scrittori di genere a capire di calcio, come dimostra “Domenica nera” - firma uno straordinario romanzo di cappa e spada, più vicino a Dumas che a Manzoni, un prequel dei Promessi Sposi dove si rovescia ogni certezza faticosamente acquisita sui banchi, con rigore storico ma anche molto divertimento. A cominciare dalla documentata rivalità fra i Manzoni - arricchitisi con l’usura - e gli Arrigoni per il possesso delle miniere di ferro, una faida a colpi di calunnie e processi ma anche tanto sangue, con gli antenati dello scrittore che fanno ammazzare il padre di don Rodrigo. Sì, proprio quel don Rodrigo lì, che è vero che non si fa pregare per gustare tutti i frutti della sua terra, «siano pesche o giovinette», ma è prima di tutto un cavaliere audace. È a lui che uno stremato e ferito Attilio chiede aiuto ed è lui che organizza il piano per salvare Lucrezia. Non conclusione della narrazione, ma reale punto di partenza, considerando che giunto a Milano, amata e corrotta, sfinita dalla crisi economica, Attilio scopre tante cose sulla sua famiglia, dalle condizioni economiche allo scempio dell’onore che se ne va facendo. E, come già ci insegnava Manzoni, se c’è una cosa che ad Attilio non difetta è il senso dell’onore. E quindi, si va alla conquista di Milano, per liberarla dal governatorato di don Gonzalo, tra agguati nella notte, la diplomazia del Conte Zio, fugaci amplessi al Carnevale. Al suo fianco, la giovane Lucrezia dai capelli rossi, del cui amore capiremo il vero significato: pittrice delicata e audace, una figura femminile di straordinaria intensità, una eroina moderna e ribelle che lancia ogni Lucia in quel ramo del lago di Como senza rimpianti.
Claudio Paglieri sarà a Torino domani, alle 17.30, alla Libreria Mondadori Ma Bookstore di corso Mortara 24.
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