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«Quella volta che papà mi abbracciò, non lo faceva così spesso...»

fabrizio de andrè

È un viaggio poetico, il racconto, tra musica e immagini, di un rapporto straordinario tra padre e figlio, quello che stasera, in occasione dell’8° edizione del Festival Seeyousound, verrà proposto al pubblico da “Deandré#Deandré. Storia di un impiegato”. Il docu film, realizzato dalla regista bolognese, ma ormai torinese d’adozione, Roberta Lena e prodotto da Cristiano De Andrè e Stefano Melone è un omaggio al grande Fabrizio da parte del figlio che presenterà il concept album (ci sarà anche Dori Ghezzi) “Storia di un impiegato”, scritto nel 1973, in un tour durato due anni, al Cinema Massimo. «Ho scelto questo disco - spiega Cristiano - perché i temi che propone mio padre sono attuali. Lui era contro il potere e in questo particolare momento storico, mi è sembrato il più adatto per riportarlo in auge. Odio, guerra, incomprensioni li viviamo oggi come allora: la differenza è che una volta si scendeva in piazza a manifestare, oggi siamo tutti un po’ addormentati e probabilmente bloccati, anche dal cinismo, dall’egoismo e non per ultimo dal consumismo». E il malcontento represso rischia di diventare una pentola a pressione che esplode: proprio per questo gli argomenti e lo stile musicale di Fabrizio fanno ancora presa su molti giovani: «Mio papà - spiega Cristiano - ha fatto, come si suol dire, “arte alta” e quando si arriva a quei livelli è normale che il tutto diventi atemporale: ha toccato ferite, problemi, conflitti, “magagne” che ciclicamente tornano, come ci insegna la storia».

Per Cristiano, cresciuto a “pane e poesia”, questo film oltre a voler rappresentare in qualche modo una “sveglia” per le nuove generazioni, è una testimonianza di un amore profondo con il padre. Con uno sfondo speciale: la Sardegna. «“Quella a Portobello di Gallura fu la prima casa che comprò mio papà e ci trascorsi tanti anni della mia infanzia e adolescenza - ricorda Cristiano -. È qui che ho più ricordi con lui. Come quando - e sorride nel raccontarlo - da bambino pescai un pesce di 6 chili e lui mi abbracciò forte. Un gesto che non faceva mai. I conflitti, come in tutte le famiglie ci sono stati - spiega -, ma negli anni ci siamo ritrovati, capiti e indubbiamente amati».

Una vita quella di Cristiano vissuta tra la Sardegna, Genova città natale e Piemonte. Già perché il nonno era di Torino e la nonna di Bra: «Ho un bel legame affettivo con questa città, anche da bambino ci venivo spesso e gli ultimi due concerti che ho fatto al Teatro Colosseo sono stati molto emozionanti». E poi un ultimo ricordo: «Mio padre prima di morire mi disse che era amareggiato, perché aveva passato una vita a trattare temi duri e non era servito a nulla. Ora, quando vedo ai miei concerti, tutti sti giovani che conoscono e cantano le sue canzoni penso invece che il messaggio sia passato. Sarebbe contento di saperlo».

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