Se la notizia del giorno doveva uscire come un viatico dal summit del
centrosinistra, l’attesa è stata vana. Unico risultato, per altro condiviso sui social da parte di
Pd,
Movimento Cinque Stelle e
Leu, è un tweet: «Ottimo incontro... lavoreremo insieme per dare al Paese una/un Presidente autorevole in cui tutti possano riconoscersi. Aperti al confronto. Nessuno può vantare un diritto di prelazione. Tutti abbiamo in dovere della responsabilità». Parole sante che tuttavia non aggiungono e non tolgono dall’impasse sul nome e, soprattutto, dei numeri necessari a farne il
Capo dello Stato. Continua insomma il catenaccio da parte della sinistra a
Berlusconi, ma di conigli nel cilindro non c’è traccia. Il perché, anche, va cercato nei guai che attraversano gli schieramenti dei partiti, a cominciare dai grillini i quali, fino all’annuncio che il loro nume tutelare
Beppe Grillo è finito indagato in un traffico di influenze con un noto armatore, erano pronti alle barricate contro il Cavaliere mentre oggi si dividono in gruppi (una volta si chiamavano correnti) per evitare il vero disastro: le elezioni anticipate. Dunque dalle barricate («lasceremo l’aula delle votazioni al solo udire il nome di Berlusconi») al palleggio di possibili candidature ove il gioco preferito è pronunciare un «no», avverbio che è assai congeniale ai pentastellati. Sul fronte Pd, catenaccio a parte che pare piaccia molto al
segretario Letta, forse anche in campo calcistico, ci sono promesse, minacce velate, ma nessuna proposta. Come dire che la strategia attuale è quella di confidare in una mossa a sorpresa di
Salvini e
Meloni. Di qui la domanda delle cento pistole: che farà Silvio Berlusconi? Si dovrà allineare alla teoria del suo “telefonista”
Vittorio Sgarbi, che incaricato della ricerca di voti tra i parlamentari che vestono altre casacche, si dice sconfitto per il fallimento dell’operazione Scoiattolo, oppure andrà dritto per la sua strada e confermerà la candidatura? I bene informati assicurano che entro venerdì si scioglierà il mistero. Staremo a vedere. Intanto nel nostro
sondaggio, che ha già coinvolto oltre un migliaio di lettori, Silvio Berlusconi resta rocciosamente in testa. E con percentuali di gradimento che staccano di netto i suoi avversari. Cedono i leader della sinistra, come
Bersani, sale il premier
Draghi e con lui la ministra della Giustizia
Marta Cartabia, seguita dalla
Presidente del Senato Casellati e, seppure con numeri minori,
dall’assessore alla Sanità della Lombardia Letizia Moratti. Meno decifrabile appare il ruolo di
Pierferdinando Casini il quale, pur restando nell’ombra dei numeri, sembra riscuotere sostegni prima non immaginabili. Tornando alla scena nazionale, restano appena quattro giorni prima dell’inizio delle votazioni fissato per il 24 gennaio. E la cronaca registra solo incontri infruttuosi in un’atmosfera dai lunghi coltelli.
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