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Torino non vuole dimenticare: «La cultura può battere l’odio»

Memoria
Si è aperta con le voci bianche dei Piccoli Cantori di Torino la celebrazione del Giorno della memoria a Palazzo Civico, in una Sala Rossa gremita di politici, militari, autorità religiose, rappresentanti delle associazioni della Resistenza e dei deportati nei lager. Presenti, oltre a Consiglio e Giunta comunale al completo, il vicepresidente del Consiglio Regionale Daniele Valle, il rabbino capo di Torino Ariel Finzi, il presidente della Comunità Ebraica torinese Dario Disegni e Alberto Sinigaglia, presidente del Polo del 900.

«Per scongiurare l’oblio su questa pagina di storia occorre comprenderla, non soltanto piangerla», ha dichiarato in apertura la presidente del Consiglio comunale Maria Grazia Grippo, che ha proseguito citando il presidente della Repubblica: «L’apatia anestetizza, non cura, ma avvelena il giardino ben curato della nostra civiltà». Spazio anche alle statistiche sul negazionismo, che guadagna terreno. «Secondo una ricerca Eurispes, nel 2004 due italiani su 100 non credevano alla Shoah. Nel 2020 erano 16 su 100 - ha ricordato Valle -. Quando Liliana Segre si dice pessimista allora fa una tragica constatazione».

La senatrice a vita, deportata e scampata ai campi di sterminio, è stata citata più volte durante gli interventi. «Il rischio da evitare è che venga condotto tutto a una cerimonia formale e retorica», ha commentato Disegni, invitando a non cedere al pessimismo e ricordando l’impegno del Mibac con la Rete di musei della memoria, del Miur e di Trenitalia. «Bisogna guardarsi dal banalizzare e usare la Shoah come paragone per fatti, anche tragici, che vediamo accadere ai giorni nostri», ha aggiunto.

Toccante l’intervento di Ariel Finzi, che ha ricordato un episodio documentato in un ghetto lituano dopo l’applicazione delle leggi razziali. «Alle donne era vietato essere incinte ed era vietato tenere i neonati in vita. I medici decisero di sospendere l’alimentazione, ma ci fu un bambino che resistette sette giorni, contro ogni aspettativa - ha raccontato -. Questa storia ci deve far preferire sempre la vita alla morte».

Sinigaglia ha poi ricordato le pesanti responsabilità del fascismo italiano per la collaborazione attiva alla “soluzione finale” voluta da Adolf Hitler e per la sorte, del tutto simile, riservata agli oppositori politici. «Le parole d’odio non restano senza conseguenze. Dobbiamo ricordare che il germe della sopraffazione si diffonde un po’ come il Covid, dobbiamo contrastarlo con cultura e rispetto della diversità», ha concluso il sindaco Lo Russo.
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