Giorgio Palù, decano dei virologi europei e presidente dell’Agenzia italiana del farmaco, affronta il tema sempre molto controverso della pandemia. Lo fa introducendo il suo ultimo libro, il cui titolo è già tutto un programma: “Il virus che ci ha cambiato la vita”. Un testo scritto con l’intenzione di «fare un passo indietro, per spiegare le origini e l’evoluzione dei virus e di Sars-CoV-2 in particolare. Nei mesi di pandemia - sottolinea lo scienziato -, c’è stata una saga infodemica, una bulimia di informazioni che credo abbia sconvolto l’opinione pubblica. La virologia è una scienza seria, molto vicina alle scienze esatte. Una disciplina importante perché i virus sono parte di noi, ci hanno accompagnati nel corso di tutta l’evoluzione, e sono gli elementi microbici in grado di replicarsi più rappresentati sul pianeta». Ma è sulle causeoriginarie della stessa pandemia, ancora avvolte in una densa coltre di mistero, Palù tocca l’aspetto più interessante. Pur affermando che al momento non esistono prove inconfutabili di un errore di laboratorio, Palù tende a dare poco credito ad un cosiddetto spillovernaturale, ossia di un passaggio spontaneo del virus da un animale all’uomo. A suo parere «Sars-Cov-2, pur essendo al 97% identico a RaTg-13, un betacoronavirus che infetta il pipistrello Rhinolophus affinis in Asia meridionale, ha perso la capacità di infettare le cellule di pipistrello. RaTg-13, poi, ha la sua nicchia ambientale a distanza di migliaia di chilometri da Wuhan e dal laboratorio ad alta protezione dove è stato a lungo coltivato. Inoltre, non si è ancora rinvenuto un ospite animale intermedio che abbia permesso il passaggio del virus dall’ospite naturale all’uomo». Dopodiché Palù sgancia la sua “bomba” sulla reputazione scientifica del grande Paese da cui sarebbe arrivato l’ultimo dei coronavirus: «La verità sull’origine prossimale di Sars-CoV-2 potrebbe venire solo dalla Cina, dove il virus ha tratto origine. Tuttavia, le autorità cinesi sono state reticenti con ben tre commissioni inviate dall’Oms a Wuhan e non hanno mai consegnato i prototipi di virus studiati a Wuhan, né i registri di laboratorio». Quindi per Palù «resta aperta la possibilità che questo virus sia passato dall’animale all’uomo a causa un incidente di laboratorio. Non occorrono sofisticate operazioni di taglia e cuci genomico per modificare il virus di una specie animale e renderlo in grado di infettare l’uomo. Basta replicarlo su cellule umane per passaggi ripetuti, come era già successo nel 1977 con il virus influenzale H1N1 (all’origine della cosiddetta influenza russa), elaborato in un laboratorio dell’allora Unione Sovietica». Una delle possibilità, aggiunge, è che si sia tentato «di dimostrare in laboratorio quello che può avvenire in natura con una mutazione spontanea. Cioè quali condizioni siano necessarie e sufficienti perché un virus animale sia in grado di fare il salto di specie», ma qualcosa è andato storto.
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