l'editoriale
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26 Settembre 2021 - 07:30
«Non posso stare senza di te». È stata la gelosia ad armare la mano di Kelvin Obayuwana, 23 anni, e a spingerlo ad infierire contro la sua compagna, Blessing Samson, di due anni più giovane. Una violenza cieca e brutale, prima le botte al viso e poi decine di coltellate, dettata da una gelosia folle e irrazionale. Poi, quando l’ha creduta morta, Kelvin ha ingerito varechina e topicida e infine si è seduto al tavolo a scrivere la sua lettera di addio. I carabinieri della compagnia di Chivasso sono arrivati in tempo per salvare entrambi: ora sono ricoverati in gravi condizioni all’ospedale di Chivasso.
Quello che solo per un miracolo non si è trasformato nell’ennesimo femminicidio, è avvenuto venerdì sera a Caluso, nell’appartamento di via Martiri d’Italia in cui da poco meno di due anni vive la ragazza. Qui, da poco tempo, l’aveva raggiunta Kelvin. Entrambi nigeriani, i due pare si fossero conosciuti già in patria. In Italia risultano tutti e due come rifugiati. Lei era arrivata a Caluso due anni fa, con un’amica, mentre lui viveva in Sicilia. Non è ben chiaro quando e come sia iniziata la relazione tra i due, anche perché la 21enne fino a poco tempo fa frequentava un altro ragazzo, Emanuel, che ieri mattina si è precipitato a Caluso: «Sono il suo ex - ha spiegato -. È sempre stata una brava ragazza, due anni fa l’ho anche aiutata a trovare questo appartamento facendole da garante».
Fino all’altro giorno, la vita della ragazza a Caluso è trascorsa tranquilla. Un lavoro come rappresentante di prodotti cosmetici, un’amica con cui condividere l’appartamento, nessun apparente problema: «È una ragazza educata e riservata - ripetono tutti i vicini -. Quando capita di incontrarla, saluta sempre anche se non va oltre. Da quando è qui non ha mai creato alcun problema: nessun rumore, nessuna lite, nessuna brutta frequentazione. Lui? Neanche sapevamo che ci fosse, non lo abbiamo mai visto». In assenza di testimoni, cosa sia successo venerdì sera lo si può solo immaginare. I due, intorno alle 21, hanno litigato, probabilmente per motivi sentimentali. L’unica ad accorgersene è stata una vicina: «L’ho sentita urlare e chiedere aiuto». Parte la telefonata al 112 e sul posto accorrono i militari che fanno irruzione nell’appartamento al quinto piano. Lui sta scrivendo la sua lettera d’addio. Lei è a terra, in un lago di sangue ma respira ancora. Di fianco a loro, il coltello da pane usato da Kelvin per infierire su di lei e la bottiglia di varechina da cui aveva da poco bevuto. I medici del 118 stabilizzano la ragazza e la trasportano al piano terra in barella. Le sue condizioni sono disperate e la scia di sangue che ancora ieri era visibile lungo scale e pianerottoli del piccolo condominio di Caluso ne è la dimostrazione più evidente. «Ho aperto la porta - racconta Stella, una inquilina del terzo piano - e l’ho vista sulla barella. Era piena di sangue, è stato terribile». Ora tutti e due lottano per la vita nel reparto di Rianimazione. Se si salveranno, lei dovrà sforzarsi di dimenticare e ricominciare, mentre per lui si apriranno le porte del carcere per tentato omicidio.
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