Il re degli spumanti sequestrato, un carabiniere e una terrorista uccisi in un conflitto a fuoco. Un altro brigatista svanito nel nulla, come evaporato, di cui si è mai saputo nulla. Parte da qui, da questo “mister x” l’inchiesta privata del figlio del militare morto che a novembre ha presentato un esposto in Procura chiedendo di ricominciare a indigare. I pm - scriveva ieri sera l’agenzia l’Adnkronos - ha aperto un’inchiesta. E la domanda è la stessa di allora: cosa accadde esattamente il 5 giugno 1975, quando il re degli spumanti Vittorio Vallarino Gancia venne sequestrato a scopo di estorsione dalle Brigate Rosse tra Canelli ed Acqui, nell’Alessandrino, e liberato il giorno successivo, dopo un c con i carabinieri, alla cascina Spiotta di Melazzo? Una vicenda drammatica sulla quale hanno indagato i giornalisti Berardo Lupacchini e Simona Folegnani che hanno dato alle stampe il libro inchiesta 'Brigate Rosse: l’invisibile' edito da Falsopiano. A ispirare il volume, Bruno D’Alfonso, figlio di una delle due vittime di quella sparatoria, l’appuntato dei carabinieri Giovanni D’Alfonso, 45 anni originario di Penne, in provincia di Pescara, padre di tre bambini, che da un mese prestava servizio alla Compagnia di Acqui Terme. Durante il conflitto a fuoco morì anche Mara Cagol, la brigatista fra i componenti del nucleo storico dell’organizzazione terroristica, moglie di Renato Curcio. Oggi Bruno D’Alfonso è un carabiniere in pensione che vive in Abruzzo. All’epoca dei fatti aveva poco più di 10 anni, un bambino, che diventato grande ha voluto andare a fondo. Anni di lavoro su documenti, fatti e personaggi da cui sono emersi nuovi elementi che lo hanno portato a presentare in procura a metà novembre a Torino un esposto a seguito del quale sono state riaperte le indagini. «In quella sparatoria erano morti mio padre e la moglie di Renato Curcio ma c’era un brigatista che era fuggito, sul quale non si è mai più indagato. Nel corso degli anni ho fatto ricerche e approfondimenti ma non non c’è mai stata una versione univoca, né è mai stato fatto il nome del fuggitivo, un “mister X” che oggi, dopo tanti anni , io spero possa raccontare come sono andate le cose».
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