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Le mani della mafia su Volpiano: il pm chiede 185 anni di galera

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Diciannove condanne, fino a vent’anni di carcere (in rito abbreviato) sono state chieste ieri dal pm Valerio Longi, al termine della discussione iniziata poco dopo le 9.30 di mattina e terminata a pomeriggio inoltrato. Gli imputati che hanno scelto il rito breve sono 22: per tre di loro è stata chiesta l’assoluzione. Per gli altri, un totale di 185 anni di galera. Le pene richieste sono già scontate di un terzo come prevede il rito.

Un’altra ventina di imputati (tra cui gli Agresta e i Vazzana) andranno a giudizio in dibattimento.

Al centro del maxi processo, le infiltrazioni della ‘ndrangheta a Volpiano, territorio in cui, come emerso già nel 2011 quando scattarono i 150 arresti dei carabinieri eseguiti per l’operazione Minotauro, esisterebbe da decenni una “locale”, ovvero una sorta di dipartimento territoriale della ‘ndrangheta collegato alla terra madre calabrese. Al processo (che si sta svolgendo in primo grado) le accuse mosse dalla procura, a vario titolo, oltre alla associazione di stampo mafioso, sono il narcotraffico - in particolare l’importazione di coca da Olanda, Belgio, Germania e Spagna, da smerciare poi in Sardegna e Sicilia - e il riciclaggio dei proventi in attività commerciali e di ristorazione, in Italia e in Germania. Tra i reati contestati anche il riciclaggio, l’intestazione fittizia di beni e varie estorsioni aggravate dalle modalità mafiose.

Tra le richieste di condanna più elevate, ci sono quelle per i sette esponenti della famiglia Giorgi (detti Bovinciani) originaria di San Luca, considerata dalla procura al centro della gestione del narcotraffico e strettamente legata ai boss calabresi: per Giovanni, Sebastiano e Domenico Giorgi (quest’ultimo classe ‘63), il pm ha chiesto 20 anni di carcere ciascuno. Per gli altri esponenti le richieste vanno dai 17 anni, nove mesi e 10 giorni, agli otto anni, dieci mesi e 20 giorni.

Per Gianfranco Violi, considerato dalla procura vicino agli Agresta e difeso dagli avvocati Stefano Caniglia e Paolo Pavarini, sono stati chiesti cinque anni e 10 mesi, mentre per Salvatore Violi - assistito dall’avvocato Antonio Vallone - è stata chiesta l’assoluzione «perché il fatto non costituisce reato». L’assoluzione è stata chiesta anche per Maria Carbone, suocera di Gianfranco Violi (avvocato Vallone).

Secondo la Dda, oltre al narcotraffico, molti indagati si sarebbero occupati di appalti, investendo i soldi delle ‘ndrine in aziende edili, bar, ristoranti e tabaccherie. L’inchiesta era partita nel 2016, dalle dichiarazioni del pentito Domenico Agresta, discendente dell’omonima famiglia. La sua testimonianza, unita ad altri elementi, aveva permesso di ricostruire in parte le attività imprenditoriali della locale di Volpiano.

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