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12 Novembre 2022 - 08:15
Un anno di galera a sindaco, assessori e funzionari per la morte dell’automobilista annegato in un sottopasso allagato. Ieri mattina, il giudice Antonio Borretta ha emesso la sentenza di condanna penale del processo di primo grado per il reato di omicidio colposo. Il processo mirava a far luce sulle responsabilità per la morte di Guido Zabena, l’operaio 51enne di Favria annegato il 3 luglio del 2018 nel sottopasso della ferrovia a Rivarolo Canavese.
La vittima, in quella maledetta notte di quattro anni fa, stava tornando a casa dopo aver accompagnato una collega. Diluviava e il sottopasso, al confine tra Rivarolo e Feletto, si allagò. Zabena rimase a lungo bloccato nel veicolo, in contatto con i genitori al cellulare, in attesa dei soccorsi che però non fecero in tempo. All’arrivo dei vigili del fuoco e della protezione civile, purtroppo, per Zabena non c’era più nulla da fare.
A rispondere per la sua morte, sono stati chiamati il sindaco di Rivarolo Canavese, Alberto Rostagno, il vicesindaco con delega all’Urbanistica Francesco Diemoz, l’assessora con delega ai Lavori pubblici e Manutenzioni Lara Schialvino, il responsabile del Settore Lavori pubblici in Comune Enrico Colombo e il commissario Sergio Cavallo, capo della polizia municipale di Rivarolo. A loro veniva contestato di non aver provveduto a chiudere il sottopasso e il mancato corretto funzionamento delle pompe e del sistema per far defluire e acque.
Il sindaco Rostagno dopo il pronunciamento del magistrato ha affidato a un comunicato la propria reazione: «Ribadendo la più sentita vicinanza alla famiglia del Signor Zabena, esprimo profonda amarezza per l’esito del processo penale che ha riguardato la tragedia del sottopasso. Prima di ogni eventuale ulteriore valutazione mi riservo di leggere ed esaminare con attenzione il contenuto delle motivazioni della sentenza che saranno depositate entro 90 giorni».
Nel frattempo, il sindaco «consapevole di aver sempre agito nel rigoroso rispetto di quanto previsto e disposto dalla legge e di aver fatto tutto il possibile per impedire l’accaduto» si augura che le autorità giudiziarie, nei successivi gradi di giudizio «possano riconoscere la correttezza e la liceità del proprio operato». La famiglia della vittima era stata già risarcita e non era costituita nel procedimento penale conclusosi ieri.
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