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IL PROCESSO
04 Luglio 2023 - 19:12
Francesca Dighera con l’avvocato Sergio Bersano
Prima udienza per il processo sulla strage di Rivarolo: in aula mostrate le agghiaccianti immagini delle vittime del pluriomicida e il toccante racconto della figlia, unica sopravvissuta, della famiglia Dighera.
Si è aperto, ieri mattina, presso il tribunale di Ivrea il processo di primo grado in Corte d’Assise per il massacro della notte del 10 aprile 2021 a Rivarolo Canavese dove Renzo Tarabella, 85 anni armato della propria pistola (illegalmente detenuta) uccise prima la moglie Maria Grazia Valovatto, 79 anni, e poi suo figlio disabile Wilson, 51 anni, quindi attese pazientemente il ritorno dei padroni dell’appartamento in cui abitavano in corso Italia, ovvero i coniugi Osvaldo Dighera, 74 anni, e Liliana Heidempergher, 70 anni, e ammazzò anche loro. Infine, tentò di togliersi la vita sparandosi in bocca, ma sopravvisse. Attualmente Tarabella si trova in un reparto geriatrico di una casa protetta a Castellamonte. Il processo è celebrato davanti alla Corte d’Assise presieduta dal presidente del tribunale Vincenzo Bevilacqua.
In aula, ieri, sono stati ascoltati i carabinieri che sono intervenuti e hanno condotto le indagini ricostruendo il ritrovamento dei quattro corpi nell’alloggio dei Tarabella il mattino dell’11 aprile. L’esperto di balistica dell’Arma ha poi spiegato la dinamica dell’uso della pistola e dei sette colpi esplosi dall’imputato per uccidere le vittime, circostanza avvalorata anche dal medico legale, Roberto Testi, che ha riferito come tre di loro siano stati uccisi con un solo colpo alla testa, mentre Osvaldo Dighera sia stato ucciso con due proiettili.
Infine è stata chiamata a testimoniare la figlia dei coniugi Dighera, Francesca, che nel processo è costituita parte civile con l’avvocato Sergio Bersano. Francesca ha riferito di essere soddisfatta che finalmente poteva riferire ai giudici quello che aveva vissuto in quelle drammatiche ore. Nel suo racconto ha ricostruito l’ultimo giorno di vita dei suoi genitori, con la visita della madre alla nipotina nella mattinata, fino alla disperazione di quando, la sera del 10 aprile, non riusciva più a contattarli, la disperata ricerca fra le conoscenze e, poi, con i carabinieri la macabra scoperta della loro morte il giorno successivo, quando vennero ritrovati cadaveri a casa dell’imputato. Ha anche riferito della pistola usata da Tarabella per commettere i delitti, di come fossero in molti a sapere che Renzo la tenesse a casa, solo la madre Liliana, però, era preoccupata per quell’arma e ne aveva fatto confidenza alla figlia. Un’arma registrata, ma per la quale l’assassino non aveva più rinnovato il porto d’armi da tempo. Infine, l’avvocato Flavio Pivano, difensore dell’imputato, ha annunciato che il 18 luglio, per la prossima udienza, il suo assistito ha chiesto di deporre in aula.
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