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La beffa

Embraco, l'ultimo schiaffo: ricorso in Cassazione per non pagare gli operai

Dopo la bancarotta e il patteggiamento a 4 anni, i titolari chiedono di annullare la condanna

embraco

Una protesta dei lavoratori ex Embraco

Ancora uno schiaffo per i lavoratori dell’ex Embraco: a darglielo sono sempre le stesse persone, quelle che nel 2018 avevano promesso di risollevare l’azienda di Riva presso Chieri e dare lavoro a quasi 500 persone. Invece l’hanno portata al fallimento e se la sono cavata patteggiando una condanna a 4 anni per bancarotta fraudolenta, visto che hanno fatto sparire parte dei soldi destinati al rilancio. Non hanno poi risarcito i lavoratori e ora non accettano neanche di pagare le spese legali ai sindacati e agli operai che hanno partecipato al processo: è su questo che si concentra il ricorso in Cassazione presentata dall’avvocato Ivan Colciago, difensore di Gaetano Di Bari, i figli Luigi e Alessandra Di Bari, il marito di lei Carlo Noseda.
I quattro imprenditori sono i vertici di Ventures che, insieme all’israeliano Ronen Goldstein, hanno rilevato l’ex Embraco per rilanciarla.

Secondo quanto ricostruito dalle indagini, la nuova società ha ricevuto 12.680.758,88 euro fra il 16 luglio 2018 e 2 dicembre 2019 da Whirlpool, la casa madre di Embraco.

Il grosso della cifra sarebbe servito per pagare bollette e stipendi degli operai ma 2.753.861,12 euro sarebbero finiti nelle tasche degli imprenditori, con cui hanno anche comprato auto di lusso (poi finite sotto sequestro insieme al denaro trovato sui conti degli imputati). Per questo l’azienda è fallita il 23 luglio 2020 e loro sono stati accusati di bancarotta.
Per Goldstein, il pm Marco Gianoglio deve ancora chiedere il rinvio a giudizio perché è stato a lungo irreperibile: solo pochi mesi fa è stato “pizzicato” in aeroporto e gli è stato notificato l’avviso di chiusura indagini.

Per gli altri quattro imprenditori è arrivato il patteggiamento: lo scorso 5 aprile è stata disposta la restituzione delle somme sequestrate in favore di Fallimento Ventures srl e, soprattutto, i Di Bari e Noseda sono stati condannati a quattro anni di reclusione (che gli permetterebbe di evitare il carcere e accedere all’affidamento in prova ai servizi sociali). Una doppia beffa per sindacati e lavoratori, soprattutto per quelli che volevano costituirsi parte civile e ottenere un risarcimento per i soldi “rubati”. Invece hanno ottenuto solo il rimborso delle spese legali: somme che vanno da 3 mila a 6.600 euro, per un totale di oltre 33 mila euro (oltre al rimborso delle spese generali). Ma i Di Bari non vogliono pagare neanche quelli: «Il giudice non ha precisato come ha stabilito le cifre - scrive l’avvocato Colciago nel suo ricorso - Avrebbe dovuto motivare e quantificare in base alla prestazione professionale svolta dai legali. Quindi deve ritenersi illegittima la “determinazione globale delle spese”».

Per questo, nelle sue otto pagine di ricorso, l’avvocato chiede alla Corte di Cassazione di annullare la condanna dei quattro imputati. Per Noseda, inoltre, viene sottolineato un presunta violazione per quanto riguarda la restituzione delle somme sequestrate dal suo conto corrente. L’udienza in Cassazione è stata fissata per il prossimo 26 settembre.

Ma non c’è solo la beffa giudiziaria per i lavoratori Embraco: nove di loro, a tre anni dal fallimento dell’azienda, aspettano ancora 2mila euro di Tfr dall’Inps. E uno, Franco Tesauro, non riceve l’indennità di disoccupazione da quattro mesi: «Mi sento preso in giro - si sfoga l’ex operaio di Riva presso Chieri - Non trovo lavoro e ora rischio pure di morire di fame. Ho chiesto a chiunque e non hanno ancora trovato una soluzione».

Franco Tesauro con il fratello Vito, anche lui ex Embraco

Ciro Marino, segretario provinciale del sindacato Uglm, ha consegnato la sua pratica direttamente alla direttrice provinciale dell’Inps, Mattia Vittoria Pennestrì: «Ho fatto tutte le segnalazioni per lui e per gli altri nove che aspettano ancora il Tfr per 18 mesi di cassa integrazione. Ne ho parlato anche con l’assessore regionale Elena Chiorino, che si è impegnata per sbloccare la pratica». L’Inps, per il momento, non si esprime sulla posizione di Tesauro mentre replica su quella degli altri lavoratori: «Per il periodo luglio 2020-luglio 2021 ci risultano domande di Tfr per 399 lavoratori, di cui 390 accolte e 9 in istruttoria. Per una c’era l’Iban errato e abbiamo chiesto i dati corretti, per le altre ci sono interlocuzioni in corso. Però, ad oggi, non risulta che l’azienda abbia presentato domanda di Tfr per il periodo da luglio ‘21 a gennaio ‘22».

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