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Il processo

Disabile annegata nel lago: condannato l'educatore che l'accompagnava e non sapeva nuotare

L'operatore era accusato di omicidio colposo insieme a un collega

lago avigliana

Soccorsi dei vigili del fuoco al lago di Avigliana

Quando il corpo venne ripescato nelle acque del lago Grande di Avigliana, il 24 aprile 2021, s’ipotizzò un malore o un suicidio. La vittima, una 19enne originaria dello Sri Lanka, era affetta da disturbi psichici. Due anni più tardi è emersa una storia completamente diversa: i due educatori che erano con lei al lago sono finiti a processo per omicidio colposo.

Uno era già stato condannato a 6 mesi di reclusione con il rito abbreviato, per l’altro la sentenza è arrivata in questi giorni dopo il processo ordinario: l’imputato è stato condannato a 8 mesi (per entrambi la pena è sospesa con la condizionale).

«Nel fine settimana c’era sempre una gita al lago o in montagna» ha spiegato durante l’ultima udienza l’operatore, dipendente di una casa di cura di Pinerolo e assistito dall’avvocato Elena Virano. Quel giorno, oltre alla ragazza originaria dello Sri Lanka, c’erano altri cinque pazienti: «Lasika si è lanciata dal molo, nuotava. Poi non l’ho più vista. Il mio collega ha detto: “Io non mi butto perché non so nuotare”. E neanch’io, quindi ho chiamato il 112». Stando a quanto ricostruito dalle indagini, i due educatori hanno anche rifiutato l'aiuto di un gruppo di ragazzi che era pronto a entrare in acqua per aiutare la ragazza. Loro avrebbero rifiutato, sottovalutando il pericolo. Ma, quando sono arrivati i soccorsi, la paziente era già stata risucchiata dalla corrente. Ed era senza vita quando l’hanno trovata i sommozzatori dei vigili del fuoco.
La successiva indagine dei carabinieri ha portato al processo che ha coinvolto i due operatori: «Non ci eravamo confrontati prima sulla capacità di nuotare» ha spiegato in aula l’educatore.

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