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Il processo
15 Novembre 2023 - 13:26
Soccorsi dei vigili del fuoco al lago di Avigliana
Quando il corpo venne ripescato nelle acque del lago Grande di Avigliana, il 24 aprile 2021, s’ipotizzò un malore o un suicidio. La vittima, una 19enne originaria dello Sri Lanka, era affetta da disturbi psichici. Due anni più tardi è emersa una storia completamente diversa: i due educatori che erano con lei al lago sono finiti a processo per omicidio colposo.
Uno era già stato condannato a 6 mesi di reclusione con il rito abbreviato, per l’altro la sentenza è arrivata in questi giorni dopo il processo ordinario: l’imputato è stato condannato a 8 mesi (per entrambi la pena è sospesa con la condizionale).
«Nel fine settimana c’era sempre una gita al lago o in montagna» ha spiegato durante l’ultima udienza l’operatore, dipendente di una casa di cura di Pinerolo e assistito dall’avvocato Elena Virano. Quel giorno, oltre alla ragazza originaria dello Sri Lanka, c’erano altri cinque pazienti: «Lasika si è lanciata dal molo, nuotava. Poi non l’ho più vista. Il mio collega ha detto: “Io non mi butto perché non so nuotare”. E neanch’io, quindi ho chiamato il 112». Stando a quanto ricostruito dalle indagini, i due educatori hanno anche rifiutato l'aiuto di un gruppo di ragazzi che era pronto a entrare in acqua per aiutare la ragazza. Loro avrebbero rifiutato, sottovalutando il pericolo. Ma, quando sono arrivati i soccorsi, la paziente era già stata risucchiata dalla corrente. Ed era senza vita quando l’hanno trovata i sommozzatori dei vigili del fuoco.
La successiva indagine dei carabinieri ha portato al processo che ha coinvolto i due operatori: «Non ci eravamo confrontati prima sulla capacità di nuotare» ha spiegato in aula l’educatore.
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