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SCAMPATO PERICOLO
13 Dicembre 2023 - 21:30
Gli agricoltori avevano sfilato il 6 novembre 2021 a Mazzè e il 19 gennaio 2022 a Casanova di Carmagnola con ben 150 trattori per dire “no” al deposito di scorie nucleari
Nè a Carmagnola, nè a Mazzè. Non sarà infatti sulle aree agricole delle due cittadine - la prima nell’area sud del torinese, la seconda nel basso canavese - che verrà realizzato il deposito di scorie nucleari e il Parco tecnologico paventato da Sogin nel 2021.
Ieri il ministero dell’Ambiente e della Sicurezza energetica ha pubblicato l’elenco delle aree presenti nella proposta di Carta nazionale delle aree idonee (Cnai) che individua, appunto, i siti idonei ad ospitare il deposito di stoccaggio dei rifiuti radioattivi di bassa e media attività. Un elenco composto da 51 comuni dal quale sia Carmagnola che Mazzè, dove l’enogastronomia tra la produzione di peperoni, porro dolce ed Erbaluce fa da traino all’economia locale, sono state ufficialmente stralciate.
I due siti erano stati indicati nel primo elenco delle aree potenzialmente idonee su cui il ministero con Sogin e Isin hanno poi svolto indagini più specifiche. Proprio in questa fase di approfondimento Coldiretti Torino si era inserita manifestando la propria contrarietà insieme agli amministratori locali e organizzando due manifestazioni: il 6 novembre 2021 a Mazzè e il 19 gennaio 2022 a Casanova di Carmagnola con ben 150 trattori. Dal canto loro le amministrazioni avevano prodotto osservazioni sulle ragioni tecniche e geomorfologiche che rendevano ostica la realizzazione del deposito su terreni di pregio. La buona notizia permette anche di preservare l’area di Casanova, in cui è ubicata la maestosa abbazia cistercense risalente al XII secolo.
«Questo risultato rappresenta il frutto di un impegno incessante da parte della nostra e di tutte le amministrazioni dei Comuni limitrofi, insieme alle diverse associazioni e alle singole persone che si sono impegnate nel difendere le ragioni del “no” a questo progetto - spiega il sindaco Ivana Gaveglio -. Festeggiamo una vittoria collettiva che riflette il nostro impegno per preservare la bellezza e l’integrità del nostro territorio». «La nostra non è stata una battaglia di principio contro un’infrastruttura strategica per il Paese, ma una mobilitazione con un grave spreco: quello di terreni fertili, oggi più che mai utilissimi per la produzione di cibo - interviene il presidente di Coldiretti, Bruno Mecca Cici -. Abbiamo chiesto che venissero valutate le ragioni economiche e sociali connesse all’agricoltura, per non compromettere il futuro di produzioni identitarie per il territorio che, una volta perse, non sarebbero state compensate dai posti di lavoro nell’impianto per le scorie».
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