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VAL DI SUSA

Acqua inquinata in Val di Susa ma «il cantiere della Torino-Lione non c’entra»

Contaminazione da Pfas, il documento di Telt reso pubblico dal Comune di Gravere

chiomonte

Il timore è che l’inquinamento sia stato causato dallo scavo con la “talpa” a Chiomonte

I cantieri della Torino-Lione non hanno nulla a che fare con l’inquinamento dell’acqua in Val di Susa. A metterlo nero su bianco è stata Telt, società incaricata della realizzazione della tratta transfrontaliera dell’alta velocità, in un documento che è stato reso pubblico dal Comune di Gravere.

Al centro delle preoccupazioni dell’amministrazione del paese valsusino c’è il recente rapporto di Greenpeace Italia che ha svelato come le acque potabili del Piemonte siano contaminate da PFAS (sostanze perfluoro alchiliche). Si stima che circa 125mila persone potrebbero aver bevuto acqua contaminata da una molecola classificata come cancerogena per gli esseri umani. E proprio a Gravere sarebbe stata rilevata una delle concentrazioni più elevate della sostanza.

Non è mancato chi ha messo in correlazione la presenza dell’inquinante con la vicinanza del cantiere Tav di Chiomonte, dove da anni sono in corso i contestati lavori di scavo della Torino-Lione. Ma Telt, nella sua lunga risposta, ha subito voluto mettere in chiaro alcuni aspetti dei lavori in corso in Valle: «Le principali origini dei PFAS - si legge tra le altre cose nel documento - sono processi industriali come trattamento di rifiuti, trattamenti galvanici, produzione e trattamento dei tessuti, cartiere. I cantieri di scavo come quello di Chiomonte non sono elencati tra le fonti di immissione di Pfas nell’ambiente». Per altri cantieri simili, come nel caso dei lavori per la Pedemontana Veneta, era stato però ipotizzato che l’inquinamento da Pfas nell’area fosse collegato all’utilizzo di prodotti oleorepellenti o tensioattivi impiegati con la Tbm, la “talpa” che scava la galleria nelle viscere della montagna. «A questo punto - sottolinea Telt - è utile ricordare che lo scavo con Tbm a Chiomonte per la galleria Maddalena 1 ha avuto luogo tra il 2013 e il 2017 e non ha richiesto schiume né un uso massiccio di cementi a presa rapida. Anche per questi motivi il Monitoraggio Ambientale condotto in fase di scavo non prevedeva la ricerca di specifici inquinanti connessi a schiume tensioattive nelle acque sotterranee e nelle altre matrici ambientali; inoltre non è mai stata data indicazione da parte di alcun Ente di modificare i parametri del monitoraggio, integrando questi contaminanti. In questo scenario risulta priva di fondamento l’affermazione che vorrebbe correlare l’utilizzo del robot impiegato nel 2022 per esplorare le aree più profonde di Maddalena 1, non più oggetto di lavorazioni dal 2018, a specifiche condizioni di inquinamento da Pfas dell’aria in galleria. Il robot al contrario ha condotto, sotto il controllo degli enti preposti e del coordinatore della sicurezza, misurazioni in continuo che hanno confermato l’accessibilità della galleria».

La conclusione? «Non risultano sussistere ad oggi correlazioni tra le recenti misurazioni di concentrazioni di Pfas in Valle di Susa e i lavori sul sito di Chiomonte. Ad ulteriore riscontro si precisa che i valori riscontrati nei Comuni della Valle rientrano in un range di concentrazione di molto inferiori alla soglia che sarà introdotta per la potabilità dell’acqua dalla Direttiva comunitaria 2184/2020». La domanda resta quindi irrisolta: da dove arrivano i Pfas che hanno inquinato l’acqua valsusina?

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