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A Caluso cresce il problema dei vigneti abbandonati

Tra degrado paesaggistico e rischi fitosanitari: il fenomeno preoccupa agricoltori e amministrazione

A Caluso cresce il problema dei vigneti abbandonati

Il progressivo abbandono dei vigneti rappresenta un problema diffuso in diverse aree a vocazione vitivinicola, e la collina calusiese non fa eccezione. Negli ultimi anni si registra un aumento delle superfici vitate non più coltivate, con ripercussioni sul paesaggio, sulla qualità ambientale e sulla salute delle coltivazioni ancora attive.

A evidenziare la situazione è il vicesindaco di Caluso, Luca Chiaro, che è anche agricoltore.
«Il problema delle viti non coltivate – dichiara – e purtroppo ce ne sono parecchie oramai, è duplice. Da un lato sono un danno ornamentale in quanto è brutto e triste vedere, passeggiando attraverso i vigneti come ho fatto qualche settimana fa con altri coltivatori, vigne non più curate o addirittura semi abbandonate. Le cause possono essere svariate, dall’invecchiamento anagrafico di qualche viticoltore alla mancanza di tempo di altri, o ancora il cessato interesse per la coltivazione vitivinicola. In ogni caso la “Caluso città del vino” sicuramente non ne esce bene da questo scenario. Dall’altro lato sono un problema per gli altri vigneti in quanto sono focolai di una malattia grave per la vite, la Flavescenza dorata, ma anche degli attacchi nocivi della Popillia Japonica, che quest’anno sta flagellando non solo le viti, ma gli alberi da frutto e coltivazioni di mais, fiori e piante ornamentali presenti anche nei nostri giardini».

Le conseguenze sono evidenti sia dal punto di vista agricolo sia da quello fitosanitario. I vigneti abbandonati, spesso privi di cure per anni, si trasformano in aree inselvatichite, difficili da gestire e potenzialmente pericolose per le coltivazioni vicine.

«Il fenomeno dei vigneti abbandonati, che sta accadendo preoccupando ovviamente non solo i coltivatori locali – prosegue Chiaro – è un problema serio, siamo di fronte a superfici un tempo vitate e ora non più e quindi abbandonate, trascurate, spesso inselvatichite, che costituiscono un rischio fitosanitario elevato e non facilmente controllabile».

Sul fronte delle possibili soluzioni, emerge l’esigenza di un intervento coordinato a livello istituzionale. La questione, infatti, non si limita al singolo Comune ma riguarda molte aree viticole, con dinamiche simili. «Si tratta come abbiamo detto di un problema generale delle zone vitate – dice il vicesindaco Chiaro – questo significa che forse servono interventi istituzionali finalizzati alla riconversione di quelle aree abbandonate, sempre che ci siano ancora persone interessate alla questione. Anche da noi non sempre le figure “storiche”, sia dal punto di vista anagrafico che da quello lavorativo e esperienziale non sempre trovano continuità in giovani capaci e volenterosi di raccogliere il testimone e proseguire nell’attività».

In mancanza di un ricambio generazionale e di politiche di sostegno mirate, il rischio è quello di un progressivo deterioramento del patrimonio agricolo e paesaggistico, con ricadute non solo sul settore produttivo ma anche sull’identità territoriale.

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