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Boschi del Canavese, scontro tra sindaci e scienziati: “Le nuove regole servono a salvare le foreste”

Dopo il ricorso di dieci Comuni contro la Regione Piemonte, due esperti difendono le misure: “Non sono divieti inutili, ma tutele per la biodiversità”

Boschi del Canavese, scontro tra sindaci e scienziati: “Le nuove regole servono a salvare le foreste”

Continua la polemica sulle nuove norme ambientali introdotte dalla Regione Piemonte per proteggere i boschi della zona Scarmagno–Torre Canavese. Dieci Comuni del territorio – tra cui Cuceglio, Agliè, Castellamonte e Scarmagno – hanno presentato un ricorso al TAR contro la delibera regionale, giudicata troppo restrittiva. Ma due esperti, Elena Patriarca e Paolo Debernardi, difendono la decisione e accusano i sindaci di “disinformazione e demagogia”.

La delibera del 2024 stabilisce regole più severe per i tagli boschivi, vietando l’abbattimento di alberi vivi, morti o caduti che ospitano fauna protetta, come i pipistrelli forestali. Queste specie, spiegano gli studiosi, vivono solo in ambienti ricchi di tronchi vecchi e cavità naturali, fondamentali per la loro sopravvivenza.

Secondo Patriarca e Debernardi, le proteste dei sindaci nascono da una cattiva gestione dei boschi che dura da decenni. Già nel 2003 – ricordano – l’IPLA segnalava tagli eccessivi e mancanza di controlli. In molti casi, gli interventi di “rilascio” degli alberi erano così minimi da equivalere a veri e propri disboscamenti a raso.

Oggi, con il cambiamento climatico e le tempeste sempre più violente, gli esperti ritengono necessario un approccio diverso: “I boschi vanno curati, non sfruttati. Gli alberi vecchi e secchi sono preziosi per la biodiversità e aiutano a mantenere stabile l’ecosistema”.

La Regione, inoltre, ha previsto indennizzi economici per chi dovrà sostenere costi aggiuntivi nella gestione forestale. “Non è una punizione – spiegano – ma un modo per compensare chi si impegna a conservare la natura”.

Il TAR del Piemonte dovrà ora stabilire se la delibera sia legittima. Ma, al di là della decisione, la questione rimane aperta: proteggere la biodiversità o privilegiare l’attività economica?

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