Gentile direttore, voglio segnalarle un caso che io ritengo particolarmente grave e che riguarda il medico di base dei miei genitori che hanno rispettivamente 87 e 85 anni e per i quali abbiamo atteso fino ad alcuni giorni fa la comunicazione per la vaccinazione anti Covid. Un’attesa lunga, nonostante i miei solleciti praticamente quotidiani, al loro curante. Mi spiego meglio: una bella mattina, dopo l’ennesima mail, il medico in questione mi ha risposto che, cito testualmente «per decisione unanime dello studio abbiamo ritenuto di non inserire l’urgenza a nessun paziente anche per quelli in assistenza domiciliare». Le preciso che in particolare mio padre è un malato oncologico, diabetico con insulina, cardiopatico e iperteso. Mi chiedo e chiedo a lei se questo comportamento, che tra le altre cose ha procurato ulteriori angosce ai miei familiari, non leda i diritti del malato e in particolare rigetti le disposizioni del Ministero della Salute tese a tutelare proprio le categorie più a rischio e in particolare gli anziani con gravi patologie. Chissà se il medico dello studio limitrofe abbia preso la medesima decisione o se ha preferito inserire l’urgenza a tutti i suoi malati ultra ottantenni... La ringrazio per l’attenzione.
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Le regole parlano chiaro, ma sta ai medici di famiglia (che meglio di chiunque altro dovrebbero conoscere il quadro clinico dei propri pazienti) applicarle. «Ci sono 15 categorie di patologie che rendono i pazienti “estrema - mente vulnerabili” e il medico è perfettamente in grado di segnalarli» spiega il dottor Roberto Venesia, segretario regionale della Fimmg, sigla sindacale dei medici di famiglia. Nonostante i criteri clinici siano chiari, resta del margine entro cui i sanitari possono muoversi e applicare il proprio arbitrio. «Ci possono essere molte sfumature - ammette Venesia -. I diabetici, ad esempio, sono una categoria sicuramente fragile, ma i casi possono essere diversi. Sono considerati “estremamente vulnerabili” solo i pazienti che presentato complicazioni o che assumono contemporaneamente due farmaci diversi per la cura della malattia». Anche per quanto riguarda i malati oncologici occorre fare dei distinguo. «Ci troviamo di fronte a una platea molto ampia, ma solo i tumori che inducono immunosoppressione o tumori solidi in fasi avanzate finiscono nella lista delle priorità». Lo stesso dicasi per le malattie cardiovascolari. In ogni caso, la decisione su come procedere viene presa dal medico di base del paziente. «Non può essere una scelta collettiva - sottolinea ancora Vensia, riferendosi alla risposta inviata dal collettivo di medici di famiglia -. È una decisione clinica che attende ogni singolo medico per ogni singolo paziente che ha in cura».
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