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Nino D’Angelo scalda Torino: «Dove c’è il Sud, ci sono io»

Nino d'Angelo

Nino D’Angelo, “Il poeta che non sa parlare”, approda con il suo lunghissimo viaggio in musica al Teatro Colosseo di Torino venerdì 18 maggio, e si va verso il sold out. L’occasione di Nino per festeggiare tutta la sua splendida carriera iniziata nel 1976 riproponendo i brani più amati dalla gente, quelli da “caschetto” (come appunto “Nu jeans e ‘na maglietta”, “Pop corn e patatine”, “Maledetto treno”…) e quelli della successiva svolta musicale (“Senza giacca e cravatta”, “Jesce sole”, “O pate”, “Brava gente”). “Il poeta che non sa parlare” è anche un libro (edito da Baldini+Castoldi) e un album, usciti lo scorso ottobre.

Quarant’anni di “Nu jeans e na maglietta” a Torino, cosa significa per lei?

«Torino è una piazza obbligatoria. Io sono un cantante del Sud ovviamente, quindi dove c’è Sud ci sono io, però molti torinesi mi conoscono, sono amici dei meridionali e sono miei amici».

Come si svolgerà il concerto?

«Il concerto è un ritorno ai giorni che speriamo tornino presto, un ritorno alla normalità, quello che vorremmo tutti. Ciò che conta davvero è stare bene e rivedersi finalmente nei teatri come una volta. Questi giorni sono stato in Sicilia, in Abruzzo, è stato tutto meraviglioso».

Cosa vuole il suo pubblico oggi?

«La gente da me cerca la voglia di parlare dei valori. Le mie canzoni vorrebbero riaccendere la luce su certi valori che oggi si sono un po’ appannati, come quello della famiglia. Penso che per salvare il mondo bisogna innanzitutto ritrovare chi siamo e da dove veniamo, vivere l’uno per l’altro. Io sono un cantante che rappresenta un po’ chi non ha voce, chi non ha avuto mai la luce, le persone che si vedono poco di cui la società si è dimenticata. Forse sono amato anche per questo».

Tornare sul palco con un pieno di sold out, quali emozioni prova?

«Sono felice quando la gente è felice. Io mi sento parte dei quartieri poveri, perché ho vissuto di comunità, di gente che ha veramente poco ma dà tantissimo. Vedere tutti questi sold out è un piacere ed un onore, perché non c’è cosa più bella che sentirsi amati ed amare».

Una volta la critica sembrava non seguirla, oggi le cose sono cambiate.

«Io non ho mai litigato con la critica, diciamo che la critica era un po’ severa con me negli anni ’80, quando ho fatto successo. Ero il ragazzino dai capelli biondi che andava in giro per l’Italia senza una casa discografica riuscendo a fare dei numeri che le major non riuscivano a fare. Quando hai successo a volte risulti anche un po’ antipatico, è una cosa normale, ma in verità le critiche dei giornalisti sono state sempre molto costruttive.

Lei tifa Napoli, qui oltre al Torino c’è la Juve... Va mai allo stadio?

«Allo stadio a vedere la Juve mai, la Juve la vedo quando gioca col Napoli a Napoli. I napoletani ovviamente tifano il Napoli e la Juve è una grande nemica, ma sempre in maniera molto sportiva».

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