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«I miei inizi all’Hiroshima come fonico»

Avent’anni dall’uscita del loro primo omonimo album che conteneva brani come “Dedicato a te” e “Vieni da me”, Le Vibrazioni celebrano questo importante anniversario in tre imperdibili date, fra Milano, Roma e Torino. Sotto la Mole il palco scelto è quello dell’Hiroshima Mon Amour in via Bossoli 83. Prima del concerto di venerdì 10 marzo dalle 22 (ingresso a 25 euro), Francesco Sarcina, cantante e simbolo della band, parla di tutto.

Avete scelto solo tre live in altrettanti club. Perché proprio l’Hiroshima?

«Non è una nostra scelta. Solitamente un tour estivo si protrae anche in autunno, è quasi inevitabile sconfinare. Magari poi ci divertiamo, ci prendiamo gusto e aggiungeremo altre date. All’’Hiroshima ho fatto davvero di tutto, persino il fonico per i Verdena e gli Afterhours. Ci sono tanti episodi che mi legano al locale torinese. Potrei scrivere un romanzo. Tornare in via Bossoli è come andare ogni volta nel salotto di casa. Un posto dove è possibile riconoscere il pubblico e vederlo da vicino».

Ci parli della scaletta.

«La scaletta sarà una sorpresa e, come tutte le sorprese, non vanno svelate. Posso solo dire che rispolvereremo brani che, dal vivo, non eseguiamo più da anni».

Come arrivate a questi vent’anni?

«L’importante è arrivarci e bene o male ci siamo, anche se, per mio papà, resto un pirla (ride, ndr.), perché amo il buon vino e in generale bere bene. Errori se ne fanno tanti, e io sono il primo a riconoscerlo, anche perché mi sono risparmiato davvero poche esperienze. In ogni caso, Le Vibrazioni, insieme a pochi altri gruppi come i Modà, hanno portato il rock nel mainstream, per un genere che, fino alla fine degli anni Novanta, era confinato all’indie e alla dimensione alternativa, per pochi».

Già, i Modà con a Sanremo si è visto tutto il vostro affiatamento.

«Non è stato un caso se a Sanremo abbiamo duettato con Kekko e soci che possono essere considerati anche loro precursori. Suonare con la band di “Lasciami” e “Come un pittore”, è stata davvero una bellissima emozione».

Tornereste all’Ariston da concorrenti?

«Perché no? In fondo, la kermesse del Teatro Ariston resta una tra le poche vetrine musicali seguite dal grande pubblico».

È molto legato ai suoi figli. La seguono anche in tour?

«È davvero molto difficile conciliare le esigenze di tutti. Tobia ogni tanto sì, mentre le bimbe sono ancora troppo piccole».

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