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L'intervista esclusiva
25 Gennaio 2025 - 05:00
Il regista della serie, Michele Alhaique, durante le riprese (Fonte NETFLIX)
Poliziotti, manifestanti, scontri e un caos che rispecchia il mondo di oggi. ACAB - All Cops Are Bastards, la nuova serie Netflix tratta dal libro di Carlo Bonini, prende il testimone dal film cult di Stefano Sollima del 2012 e va oltre il semplice crime drama: è uno spaccato senza filtri della realtà, che ci costringe ad affrontare le sue contraddizioni più scomode. La serie non si limita a raccontare il conflitto tra poliziotti e manifestanti, ma scava nelle sfumature dei personaggi, mettendo in luce i dilemmi morali, le frustrazioni e le disillusioni di un sistema che fatica a tenere insieme le sue stesse regole. E mentre la storia si muove tra conflitti interni e un autunno caldo pronto a esplodere, la colonna sonora dei Mokadelic ti entra nelle ossa, lasciandoti senza respiro.
Da oltre vent'anni il gruppo romano, nato come "Moka" nel 2000, si è evoluto fino a diventare una delle realtà più potenti e suggestive nel panorama delle colonne sonore, conquistando il cinema, la televisione e il teatro con un mix unico di post-rock, elettronica e suggestioni ambient. Tra i loro lavori più importanti spiccano le musiche dell'iconica serie Gomorra e di film che hanno lasciato il segno, come ACAB, Sulla mia pelle e Come Dio comanda.
Abbiamo incontrato Cristian e Luca, bassista e pianista del gruppo, per parlare di collaborazioni, cinema, progetti futuri e del desiderio di portare la loro musica sempre più lontano. Ecco cosa ci hanno raccontato.
I Mokadelic al completo (PH Matteo Casilli)
ACAB sta spaccando su Netflix. Com'è stato il vostro approccio alla colonna sonora della serie?
"Quando Alhaique ci ha contattati per lavorare, sapevamo che sarebbe stata una sfida. Avevamo già collaborato con Sollima per il film ACAB, quindi conoscevamo bene la durezza e la complessità della narrazione. È iniziato un lavoro meticoloso: abbiamo analizzato ogni scena della sceneggiatura per creare un sound ipnotico, ma capace anche di mettere a disagio lo spettatore. Michele Alhaique (regista della serie) voleva qualcosa che accompagnasse la tensione senza mai prevaricarla. È stata una collaborazione incredibilmente stimolante, che ci ha spinto a dare il massimo in ogni dettaglio. Il risultato finale è stato il frutto di un processo creativo durato più di un anno e mezzo, che ci ha arricchito moltissimo".
Alhaique è noto per il suo approccio maniacale al lavoro. Quanto vi ha influenzato il suo metodo?
"Michele è un perfezionista, assolutamente. Non si accontenta mai della prima idea, e ci ha fatto lavorare letteralmente frame per frame. Ogni scena è stata concepita come un piccolo universo, e la musica doveva fondersi con quel mondo, farne parte. Ci ha chiesto di sperimentare, di osare, ma sempre mantenendo la narrazione al centro. Abbiamo lavorato moltissimo sui contrasti: ci sono momenti in cui la musica è quasi assente per lasciare spazio al peso dei silenzi, e altri in cui diventa ossessiva, quasi claustrofobica. Nella scena degli scontri in Val di Susa, ad esempio, abbiamo usato suoni metallici e distorti per evocare la tensione crescente tra manifestanti e forze dell’ordine. È stato un lavoro certosino, e questo approccio ha fatto sì che ogni nota avesse un significato preciso".
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ACAB è stato accusato di essere una serie 'di parte', troppo schierata a favore della polizia. Cosa ne pensate?
"La polemica era prevedibile, perché ACAB tocca un nervo scoperto della società italiana. Raccontare i drammi personali delle forze dell’ordine e il loro conflitto con i movimenti sociali è inevitabilmente divisivo. Noi, però, ci siamo concentrati sulle emozioni universali: rabbia, frustrazione, senso di impotenza. Sono sentimenti che accomunano tutti i personaggi, sia poliziotti che manifestanti. Molti di quelli che criticano la serie, spesso non sono andati oltre le prime due puntate. In realtà, se si continua a guardare, si scopre la complessità dei protagonisti e i loro errori, che li rendono profondamente umani. Musicalmente, abbiamo cercato di amplificare questa complessità: non volevamo né giustificare né accusare, ma solo mettere lo spettatore davanti alla cruda realtà".
Cosa è cambiato dopo il successo della colonna sonora di Gomorra - La Serie?
"Doomed to Live ci ha letteralmente fatto conoscere al mondo. Quel pezzo è diventato un’icona e, ancora oggi, a dieci anni di distanza, ispira fan e musicisti che lo reinterpretano su YouTube, un segno evidente di quanto sia ancora ascoltato e amato. Ricordiamo con grande affetto quando i Tale Of Us, il celebre duo elettronico milanese, ci hanno chiamato per farci sapere che stavano lavorando a un remix. Quella traccia ci ha fatto entrare nel mainstream. Ha raggiunto le discoteche, è andata oltre i confini del mondo delle colonne sonore. Per noi è stata una lezione importante: puoi fare musica che funzioni in un contesto cinematografico e allo stesso tempo emozionare un pubblico molto più vasto".
Il remix dei Tale of Us
L'America non è più lontana come una volta. Oggi i Mokadelic possono tranquillamente reggere il confronto con Hans Zimmer (Interstellar, Inception). La musica italiana ha fatto passi avanti?
"Zimmer è un faro per chiunque faccia il nostro lavoro, ma il suo livello è irraggiungibile, anche per via delle sue risorse. Lui ha una squadra enorme e mezzi quasi illimitati. Noi, invece, siamo partiti da zero: per anni abbiamo fatto tutto da soli, e solo di recente abbiamo iniziato a costruire un piccolo team. Adesso, però, abbiamo dimostrato che si può fare. Con il tempo, anche in Italia stiamo costruendo un network di tecnici che ci supportano, permettendoci di concentrarci maggiormente sulla parte creativa del nostro lavoro. La nostra forza, però, è che non perdiamo mai il controllo del nostro stile: ogni nota nasce da noi, dalle nostre idee, dal nostro istinto. Questo è il cuore del nostro lavoro."
Non solo ACAB: recentemente avete anche firmato la colonna sonora di Citadel: Diana per Amazon. Quali sono i vostri progetti per il futuro?
"Abbiamo tante idee in cantiere, ma prima di tutto vogliamo tornare a esibirci dal vivo. Questo anno e mezzo passato in studio ci ha tenuti lontani dai concerti, e sentiamo il bisogno di tornare a sentire l’energia del pubblico. Un ricordo che ci portiamo nel cuore è il live del 2018 alla Mole Antonelliana di Torino. È stato un format unico: Mokadelic vs Gomorra, suonavamo dal vivo i brani della serie mentre i visitatori esploravano il Museo del Cinema. È stata un’esperienza incredibile, in una location da sogno. Speriamo di replicarla presto... magari proprio lì!".
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