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Sport & Business
29 Febbraio 2024 - 12:50
Il panorama sportivo mondiale si sta trasformando, e uno dei protagonisti di questa metamorfosi è l'Arabia Saudita. Il Fondo d'Investimento Pubblico (PIF), il fondo sovrano del regime saudita guidato da Bin Salman, sta mettendo le mani sul tennis. Ma che cosa significa esattamente tutto ciò? E che impatto avrà sulla scena sportiva mondiale?
Il PIF ha annunciato una nuova partnership con l'ATP (Associazione dei Tennisti Professionisti). La mossa più significativa di questa partnership è il cambiamento del nome della classifica ATP, che ora si chiamerà "Pif ATP Rankings". Inoltre, il vincitore delle ATP Finals di Torino sarà incoronato "Year-End No. 1, presented by PIF". Ma l'ombrello saudita non si ferma qui. Il PIF ha confermato la partnership con i tornei Masters 1000 di Indian Wells, Miami, Madrid e Pechino, così come le Nitto ATP Finals di Torino e le Next Gen ATP Finals. Quest'ultimo torneo si tiene già a Gedda, in Arabia Saudita, fino al 2027.
L'uso dello sport come mezzo di soft power non è una novità. Tuttavia, l'Arabia Saudita sta portando questa strategia a un livello completamente nuovo. Il paese sta utilizzando il suo enorme patrimonio di petrodollari per acquistare una presenza sempre più significativa nel mondo dello sport. Bin Salman non si limita al tennis. Ha recentemente lanciato un proprio circuito di Golf, poi la "Riad Season Cup" e il "6 Kings Slam", un torneo altamente remunerato che attirerà alcuni dei migliori tennisti del mondo. Tra questi ci saranno Novak Djokovic, Rafa Nadal, Carlos Alcaraz, Daniil Medvedev, Holger Rune e l'italiano Jannik Sinner, con oltre un milione di dollari di solo "premio di partecipazione".
Il Public Investment Fund di Riad è stato creato nel 1971, ma soltanto negli ultimi anni, ossia dal 2014 quando ha cominciato a operare al di fuori dei confini nazionali, sotto la guida del principe Salman, ha lanciato una vera e propria offensiva a livello mondiale. Si calcola che abbia un patrimonio di 776 miliardi di dollari.
Negli anni ha effettuato una serie di importanti investimenti con quote in Uber, SoftBank, Citigroup, Bank of America, Boeing, Facebook, Pfizer, Booking, Starbucks, l'italiana Eni (per quanto solo con una quota dello 0,49%).
Dopo di che la strategia è passata allo sport: la McLaren di Formula 1, il Newcastle United in Premier League - in passato non andò invece a buon fine una trattativa da 6 miliardi per il Manchester United -, poi i club del campionato arabo, dove soprattutto si è puntato ad attrarre una lunga serie di campioni europei, a partire dal colpo Cristiano Ronaldo, Roberto Mancini per la nazionale e via dicendo.
Questo investimento massiccio nello sport è parte di una più ampia strategia di "sportwashing". L'Arabia Saudita cerca di abbellire la propria immagine a livello internazionale attraverso il successo negli sport. In primis per la questione diritti civili - nel 2022 l'Arabia Saudito ha eseguito 196 condanne a morte - e poi per il caso giudiziario che investe Bin Salman in persona, ossia l'omicidio del giornalista Jamal Khashoggi.
Questo include anche l'organizzazione del Mondiale di calcio del 2034, che ormai sembra una formalità. Il tennis riveste un ruolo importante in questa strategia. L'Arabia Saudita ha già strappato a Milano l'organizzazione delle Next Generation ATP Finals. Ora, punta a soffiare a Torino le ATP Finals, con il contratto che scade nel 2025. In conclusione, l'Arabia Saudita sta giocando una partita molto ambiziosa. Solo il tempo dirà se questa strategia porterà i risultati sperati o se, al contrario, potrà provocare delle reazioni negative nel mondo dello sport e oltre.
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