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sport e inclusione
24 Agosto 2025 - 11:45
Da circa dieci giorni, le capitane delle squadre di Serie A femminile indossano una nuova fascia da braccio. Rispetto alla scorsa stagione, dove compariva solo la lettera “C”, ora la scritta è completa: “Capitana”. Una modifica che ha un forte valore simbolico, in un contesto in cui il linguaggio calcistico italiano continua a utilizzare in prevalenza forme al maschile, anche quando si riferisce ad atlete.
Nel mondo del calcio femminile, termini come “portiere” o “capitano” vengono spesso utilizzati anche quando sarebbe possibile e corretto declinarli al femminile, come in altri settori e in altri sport. La novità introdotta con le fasce “Capitana” rappresenta quindi un tentativo concreto di adeguare il linguaggio alla realtà sportiva e professionale delle calciatrici, che da anni lottano per il riconoscimento della propria identità sportiva e linguistica. L’Italia resta uno dei paesi in cui il calcio è ancora percepito come uno sport prevalentemente maschile, sia a livello di pratica che di tifo. Il maschile sovraesteso resta la norma nel lessico usato da media, commentatori, tifosi e spesso anche dalle stesse atlete.
A offrire una riflessione sul tema è stata anche Sara Gama, ex capitana della Nazionale italiana e della Juventus, ritiratasi lo scorso aprile. Intervistata nel podcast Small Talk, condotto da Carlo Pastore, Gama ha espresso un pensiero articolato sull’uso del termine. «Quando sento i tifosi che mi chiamano “capitano” con rispetto io sono contenta. Non è che mi importa. È vero però che abituarsi a utilizzare la declinazione giusta cambia le cose, perché non è uguale. Declinare è comprendere un altro mondo».
La sua osservazione mette in luce come il linguaggio non sia solo una questione di forma, ma anche di contenuto e consapevolezza. L’utilizzo del femminile, in questo caso, non è una forzatura ma un modo per riconoscere pienamente il ruolo e l’identità delle donne nel calcio. L’introduzione della fascia “Capitana” può quindi essere letta come un gesto culturale, che prova a scardinare stereotipi radicati e a promuovere una visione più inclusiva dello sport.
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