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I nomi
28 Ottobre 2025 - 17:32
Jannik Sinner insieme al suo team id allenamento (Fonte Instagram)
Jannik Sinner ha detto basta — almeno per un po’ — alla maglia azzurra. Niente Final 8 di Coppa Davis 2025, niente cori tricolori, niente Italia padrona di casa a Bologna. Il numero 2 del mondo ha scelto di concentrare le ultime energie sull’imminente Masters 1000 di Parigi-Bercy e sulle Finals ATP di Torino, per poi tirarsi a lucido in vista dell’Australian Open 2026. Tutto per continuare la rincorsa al trono ATP occupato da Carlos Alcaraz.
Una scelta strategica, quasi chirurgica: la Davis Cup regala emozioni, ma zero punti (e pochi soldi).
E sì, il fatto che Sinner abbia trovato il tempo per giocare il “Six Kings Slam” in Arabia Saudita— l’esibizione più milionaria e meno combattuta dell’anno — ha fatto sorridere più di qualcuno. Ma di motivi per giocare lì ce n’era solo uno: soldi. Tanti, troppi per dire di no. Ma Sinner non è il primo a farlo. Anzi, è solo l’ultimo di una lunga lista di fuoriclasse che, prima di lui, hanno messo da parte la bandiera per salvare carriera, corpo e mente.
Nel 2011, Eto’o venne sospeso per otto mesi dopo aver guidato lo sciopero dei giocatori camerunesi per stipendi e premi mai pagati. Nel 2012 rifiutò di tornare in nazionale, denunciando pubblicamente la gestione disastrosa della Federcalcio.
Un gesto forte, da leader, che lo isolò ma lo rese una leggenda anche fuori dal campo.

Nel 2019, LeBron annunciò che non avrebbe partecipato al Mondiale FIBA in Cina.
Motivo? Recupero fisico dopo la stagione con i Lakers e… la lavorazione di Space Jam 2.
Un doppio impegno che il “Re” preferì alla nazionale: perché anche i supereroi hanno bisogno di ferie.

Roger Federer ha vinto la Davis Cup nel 2014 insieme a Stan Wawrinka, coronando uno dei pochi titoli che mancavano alla sua bacheca. Dopo quel trionfo, però, ha deciso di saltare quasi tutte le edizioni successive, spiegando di voler gestire meglio il fisico e la carriera.

Cruyff rifiutò di partecipare alla Coppa del Mondo 1978 in Argentina. Per anni si parlò di protesta politica contro la dittatura militare, ma nel 2008 il fuoriclasse spiegò che la decisione fu anche personale: dopo un tentato rapimento subito a Barcellona, non voleva mettere in pericolo la famiglia.

La più grande tennista di sempre ha scelto Olimpiadi selezionate e pochissime Fed Cup. Serena ha sempre gestito il proprio calendario come un’azienda: pochi eventi, massima resa.
Una carriera da CEO del tennis, dove la maglia americana era un lusso da indossare solo se compatibile con i suoi obiettivi.

Campione d’Europa nel 1980 con la Germania Ovest, Schuster disse addio alla nazionale a soli 24 anni, dopo una lite con la federazione e il ct Jupp Derwall.
Da allora si dedicò interamente al Barcellona, diventando simbolo di talento ribelle e di indipendenza calcistica.
Un gesto che in Germania non gli hanno mai perdonato del tutto.

All’inizio del 1992, Jordan era esausto dopo due titoli NBA consecutivi e valutò seriamente di non partecipare alle Olimpiadi di Barcellona. C’erano dissapori con altri giocatori e troppi impegni.
Poi cambiò idea — per fortuna di tutti — e finì per guidare il Dream Team più iconico di sempre, ma la tentazione del “no” ci fu eccome.

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